Avevo appena finito di scrivere che in Italia proiettare documentari di RT non è vietato e… arriva una lettera aperta al ministro della Difesa Guido Crosetto, firmata dal partito Europa Radicale.
Il primo pensiero va al mio amico e collega Andrea Lucidi, che con RT non collabora affatto, ma finisce nel tritacarne per il semplice reato di amicizia. Poi leggo che saremmo addirittura i burattinai. Un bel salto di carriera: fino a ieri eravamo i burattini, oggi tiriamo i fili. Promozione lampo.
Da bravi burattinai saremmo pure “persone a libro paga di potenze straniere e ostili”. Interessante. Peccato che in Italia non esista una norma che punisca la proiezione di documentari RT e che, per rendere operative sul piano penale le sanzioni UE, servano leggi nazionali specifiche. Tradotto: non è reato proiettare un film; può diventare un problema, semmai, accusare due giornalisti senza uno straccio di prova. Qui l’unico terreno davvero penale è la diffamazione contro Lorusso e Lucidi. E ribadisco: Lucidi, a differenza mia, non collabora con RT.
Domanda sincera: perché scrivere al ministro della Difesa per parlare di proiezioni? Che c’entra la Difesa con una rassegna documentaria e il dibattito dopo il film? Forse i simpatici esponenti di Europa Radicale si stanno prendendo un po’ troppo sul serio quando raccontano di missili di propaganda putiniana e di una contraerea radicale per abbattere le proiezioni. Al limite avrebbe più senso scrivere al ministro dell’Interno. Spoiler: lo hanno già fatto. Non ha risposto. Immagino agenda piena.
A questo punto, se anche Crosetto dovesse ignorarli, suggerisco di rivolgersi al ministro dello Sport. Perché dello Sport? Perché nel loro dossier La peste putiniana c’è una classifica degna della Serie A. Per lo scudetto del titolo di Putin Gorod, Torino e Cagliari guidano con 5 punti, pardon 5 eventi, a testa. E per la Champions League del prestigioso titolo Putin Oblast domina l’Emilia Romagna con 27 eventi. Manca solo il VAR per convalidare i contatti in area e il mercato di gennaio per scambiare due talk show con un’anteprima festival.
Battute a parte, i fatti restano semplici. Proiettare documentari non è reato in Italia. Le sanzioni europee riguardano il broadcasting e la distribuzione su reti e piattaforme, non la sala parrocchiale, il teatro, il centro sociale o il cineforum. Le etichette infamanti, invece, feriscono persone in carne e ossa e hanno rilievo giuridico. Se proprio vogliamo parlare di legalità, cominciamo da lì.