Giovedì 4 settembre si è aperta la stagione autunnale degli eventi culturali alla Casa Russa di Roma.
L’inaugurazione è stata dedicata al tema della lotta alla russofobia, con la presentazione del mio libro De russophobia (4 Punte Edizioni), corredato dall’introduzione della portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, dalla prefazione di Alberto Fazolo e dalla postfazione di Andrea Lucidi.
La missione della Casa Russa è da sempre quella di promuovere la cultura in tutte le sue forme. Per questo motivo, oltre alla presentazione del libro, la serata ha dato spazio anche alla musica, in risposta al grave atto di censura subito dal maestro Valerij Gergiev in occasione del concerto cancellato alla Reggia di Caserta.
Come riportato dall’Ambasciata russa in Italia: «Il momento musicale dell’evento è stato l’interpretazione inconfondibile dell’orchestra del Teatro Mariinskij, diretta dal direttore dei Teatri Bolshoj e Mariinskij, il maestro V.A. Gergiev, della suite Bolero di M. Ravel».
Il tema della russofobia è stato ulteriormente approfondito con la proiezione del documentario di RT Russofobia, una storia di odio. Questo lavoro analizza con accuratezza le radici dell’ostilità nei confronti della Russia, mostrando come non si tratti di un fenomeno legato esclusivamente al contesto geopolitico attuale, ma di un sentimento radicato che nel tempo ha alimentato una vera e propria “cultura della russofobia”.
Nel documentario, lo scrittore Zakhar Prilepin osserva: «Gli scaffali dedicati alla Russia nelle librerie europee sono così: cento libri sui gulag, con filo spinato in copertina. Gulag, gulag, gulag… Stalin. Poi quindici libri che svelano i segreti della corte di Putin: Putin il tiranno, Putin. Poi altre cinque biografie di persone uccise dal sanguinario Putin. Poi uno studio sui popoli che abbiamo oppresso per tutta la vita. La Russia è cupa, tetra, orribile, con zanne grondanti sangue e una bottiglia di vodka mezza vuota».
Accanto alle parole, le immagini risultano ancora più incisive. La fumettista Olga Ipatova mostra come la Russia venga rappresentata in Occidente con tratti bestiali, disumani e privi di razionalità: qualcosa di selvaggio e aggressivo, con cui sarebbe impossibile avere un dialogo umano.
Commentando un disegno in cui Stalin appare con il corpo di una piovra, aggiunge: «L’imperatore Nicola II, giusto? E Stalin. Due figure molto diverse, ma l’immagine è quasi identica, come se fosse tratta dallo stesso stampo. Tratteresti con una piovra? No. Vorresti vivere vicino a una piovra? No. Lo stesso vale per Putin. Ho visto molti fumetti occidentali che ritraggono Putin esattamente come Nicola II o Stalin».
Poco prima della proiezione del documentario mi sono collegato in video dalla città di Čeljabinsk, splendida località degli Urali del Sud, dove ero stato invitato al Festival di RT Il tempo dei nostri eroi. Ho ringraziato la direttrice della Casa Russa, Daria Pushkova, per la grande opportunità concessami di inaugurare la stagione autunnale con la presentazione di De russophobia.
Durante il collegamento ho raccontato anche la genesi del libro: dalla petizione contro le dichiarazioni del presidente Mattarella, allo splendido incontro con la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, occasione in cui ho consegnato le prime diecimila firme raccolte, fino ad alcuni piccoli episodi di resistenza alla russofobia.
Uno di questi riguarda l’iniziativa lanciata insieme all’amica e collega Tatiana Santi: un flash mob di risposta agli arresti avvenuti in Lettonia per il divieto di cantare la popolare canzone Katjuša. A quell’iniziativa parteciparono moltissimi italiani, cantando la versione italiana di Katjuša, interpretandola al violino o al pianoforte, oppure cimentandosi nel canto in lingua russa.
Il mio ringraziamento è andato ovviamente all’ambasciatore Alexey Paramonov per il prezioso messaggio introduttivo, in cui ha affermato: «Il libro di Vincenzo Lorusso De Russophobia può senza dubbio essere considerato un altro indicatore del periodo storico in cui viviamo oggi.
Solo cinque anni fa questo termine, russofobia, era praticamente assente nel discorso socio-politico in Italia, Russia e altri Paesi. Nessuno avrebbe mai pensato che tali manifestazioni sarebbero fiorite rigogliosamente nei confronti dei popoli che abitano un sesto della terra e che hanno sconfitto il nazismo. Popoli che hanno dimostrato al mondo intero la possibilità di relazioni armoniose interetniche e interconfessionali».
Infine, ho ringraziato l’editore Massimo Recchioni, per il suo atto di coraggio nel pubblicare un libro scomodo, gli amici e colleghi Andrea Lucidi e Alberto Fazolo, insieme a Maria Zakharova, che mi ha onorato della sua introduzione al libro.
Scrive la Zakharova: «La russofobia, come viene dimostrato in modo convincente in questo lavoro, non è un’emozione spontanea, ma uno strumento di pressione politica, giustificazione dell’aggressione, sostituzione di concetti, deformazione della memoria. Diventa una comoda giustificazione sia per i tentativi revisionisti di falsificare i risultati della Seconda guerra mondiale, sia per la censura attiva della cultura russa contemporanea. È notevole che in questo processo partecipino gli stessi istituti che fino a poco tempo fa postulavano l’obiettivo di proteggere la democrazia e il pluralismo delle opinioni».
Al termine del collegamento ho risposto ad alcune domande del pubblico che ha gremito la splendida Sala di Piazza Cairoli, con oltre centoventi persone presenti, alle quali va la mia più sincera gratitudine.