Virginia Camerieri

Byoblu a rischio chiusura: parla la direttrice Virginia Camerieri

15 Dicembre 2025 21:06

Byoblu attraversa una fase critica che, secondo la direzione, mette concretamente a rischio la continuità del canale televisivo. Al centro ci sono una vertenza che ha avuto conseguenze sui conti aziendali, uno sfratto con scadenze molto prossime e la necessità di reperire risorse per garantire l’operatività della redazione e la produzione quotidiana.

Abbiamo intervistato la direttrice Virginia Camerieri per ricostruire, con parole semplici, che cosa sta accadendo e perché, dal loro punto di vista, una televisione nazionale non è sostituibile da un semplice presidio sul web. Ne emerge anche una riflessione più ampia sul rapporto tra informazione indipendente, sostenibilità economica e clima mediatico.

L’intervista

1. Quando pensa a Byoblu come “tv dei cittadini”, qual è la prima immagine che le viene in mente, in termini di volti, storie, momenti vissuti in questi anni?
Penso ai volti delle persone che in questi anni hanno attraversato fisicamente i nostri studi: spettatori che sono diventati pubblico, ospiti, partecipanti attivi, talvolta amici. Abbiamo organizzato incontri, eventi, cene, momenti di confronto diretto. Non è una retorica: molte persone ci dicono di sentirsi parte di una famiglia. Questo livello di relazione non è comune nel giornalismo italiano. Pochissime testate possono dire di avere un rapporto così diretto, costante e umano con il proprio pubblico. Quando penso alla “tv dei cittadini” penso anche alle tante persone che in questi cinque anni hanno lavorato in Byoblu e che, per motivi diversi, oggi non ci sono più. È normale in un progetto che cresce, cambia, si struttura. I volti storici, quelli che hanno costruito questa realtà giorno dopo giorno, però sono ancora qui. Ed è questo che fa la differenza: Byoblu non è una somma di individualità, ma una squadra. E lo è rimasta, nonostante tutto.

2. Se domani qualcuno spegnesse il segnale di Byoblu, che cosa mancherebbe di più all’informazione italiana, qualcosa che nessun altro canale riuscirebbe davvero a sostituire?
Esistono altre realtà che fanno informazione fuori dal circuito mainstream, ma nella maggior parte dei casi non sono testate registrate, non hanno una redazione strutturata e non dispongono di una televisione nazionale. Byoblu è questo: una testata giornalistica a tutti gli effetti, con più di dieci giornalisti e una copertura televisiva nazionale. La nostra forza sta nell’essere sullo stesso piano tecnico e distributivo dei grandi canali, pur mantenendo un’impostazione editoriale indipendente. L’obiettivo dell’informazione indipendente non è parlare solo a chi già è convinto, ma aumentare il pensiero critico nella società. Farlo esclusivamente sui social renderebbe questo obiettivo molto più difficile.

3. Proviamo a spiegarlo in modo molto semplice a chi ci legge: che cosa è successo, tra cause di lavoro, decreto ingiuntivo, sfratto e conti congelati, per arrivare al punto in cui la televisione rischia concretamente di chiudere?
L’editore Claudio Messora ha spiegato in modo dettagliato la vicenda in un suo video, a cui rimando per una ricostruzione completa. In sintesi: l’azienda, che conta circa 40 dipendenti oltre a numerosi collaboratori, si è trovata l’anno scorso davanti a una scelta. Da una parte le segnalazioni e il disagio espresso da una parte significativa dei lavoratori rispetto al comportamento di un dipendente, ritenuto da molti inappropriato e, in alcuni casi, non consono. Dall’altra la possibilità di non intervenire. Supportata da dei legali, l’azienda ha scelto il licenziamento per giusta causa. Il dipendente ha impugnato il licenziamento, come prevedibile. Una prima sentenza ne ha dichiarato l’illegittimità, sentenza contro cui abbiamo presentato appello. Nel frattempo lo stesso soggetto ha avviato un’azione di pignoramento dei conti aziendali, bloccandoli da metà novembre. Questo ha paralizzato l’azienda, impedendo qualsiasi pagamento, inclusi gli stipendi.
A questo si è aggiunto uno sfratto che ci è stato notificato il 14 agosto e che ci impone di lasciare entro il 20 dicembre la sede storica in cui registriamo dal 25 aprile 2021. Come immaginerai un trasloco estremamente complesso, sia dal punto di vista tecnico sia logistico. In più ad oggi non abbiamo ancora individuato una sede consona dove trasferirci. Questo significa che per un certo periodo registreremo in maniera itinerante, ma come dico sempre io “ogni minaccia è un’opportunità” e forse questo ci permetterà di riavvicinarci alle persone trasmettendo in giro.

4. Quando sente parlare di “tempesta perfetta”, quanto di quello che state vivendo lo attribuisce a vostri errori o fragilità interne e quanto invece a un clima politico e mediatico ostile verso una voce come la vostra?
Quando un’azienda raggiunge un certo livello di strutturazione, con decine di dipendenti, collaboratori e fornitori coinvolti, è inevitabile che possano emergere fragilità ed errori. Nessuno è immune. Proprio per questo è fondamentale essere supportati da legali competenti e fare scelte coerenti con i valori che si dichiarano pubblicamente.
Se all’esterno il nostro messaggio è quello del rispetto e della tutela dei diritti delle persone, non possiamo comportarci diversamente all’interno della redazione, anche quando questo comporta decisioni difficili e costose.
Detto questo, sarebbe falso affermare che il contesto mediatico e politico sia favorevole. Negli anni siamo stati più volte bersagliati. Basti pensare alle richieste pubbliche di oscuramento del canale, come quella avanzata dall’europarlamentare Pina Picierno, oppure ai numerosi episodi in cui giornalisti dei media mainstream hanno stazionato fuori dai nostri studi con l’unico obiettivo di ottenere dichiarazioni strumentali.
È accaduto in particolare durante il periodo Covid, quando Byoblu ha scelto di dare spazio anche ai cittadini che protestavano contro misure percepite come liberticide: una scelta editoriale che ci ha esposti a una forte pressione mediatica.
In un altro episodio, un gruppo collettivo di soggetti anonimi ha addirittura discusso pubblicamente, durante una loro riunione, l’idea di prendere di mira le auto mie e dell’editore Claudio Messora, imbrattandole di vernice rossa.
Sono segnali chiari di un clima di ostilità che va oltre il normale confronto critico. Siamo stati, e continuiamo a essere, un bersaglio. Ma non abbiamo mai pensato di mollare.

5. Molti lettori potrebbero pensare: “Se chiude la tv, resta il web”. Perché, secondo lei, non è affatto la stessa cosa e una televisione come Byoblu vale molto più di un semplice canale YouTube, in termini di impatto reale sulla società?
Perché una televisione nazionale non è paragonabile ai social. I social sono il luogo della protesta continua: danno visibilità, ma raramente autorevolezza. Spesso chi nasce e rimane solo lì viene raccontato dai grandi media come fenomeno folkloristico o estremista, non come interlocutore credibile. La televisione, se fatta bene, può darti sicuramente di più. Impone responsabilità editoriale, lavoro di squadra, rigore nel linguaggio. E soprattutto costringe il dibattito pubblico a confrontarsi anche con te. È un passaggio verso una dimensione adulta del confronto: non gridare per essere visti, ma argomentare per incidere.
Byoblu questo passaggio lo ha già compiuto. Non si tratta solo di fare informazione, ma di togliere dall’irrilevanza milioni di persone e restituire loro la possibilità di essere ascoltate seriamente.
C’è un altro aspetto che personalmente mi rattrista. In questi giorni difficili, molte piattaforme che si definiscono “indipendenti” non hanno espresso alcuna solidarietà per quanto ci è accaduto. In alcuni casi ho avuto la netta sensazione che qualcuno abbia persino osservato la situazione con compiacimento. Fate eccezione voi di International Reporters, che ci avete contattato subito, ci avete espresso vicinanza e ci avete dato lo spazio per spiegare pubblicamente cosa sta succedendo.
Questa situazione mi conferma quanto, nel mondo dell’informazione indipendente, siamo ancora lontani dall’essere davvero uniti verso un obiettivo comune: la libertà di informazione. Troppo spesso prevale la logica del proprio orticello, del tornaconto individuale, invece della consapevolezza che se cade uno, domani può toccare a tutti.

6. Oggi chiedete alle persone di aiutarvi a coprire cifre molto pesanti. Se potesse guardare negli occhi ogni cittadino che decide di donare, che cosa gli prometterebbe in cambio, in concreto, in termini di trasparenza, di chiarezza sull’uso dei soldi e di possibilità di partecipare davvero alla vita del canale?
Chiediamo aiuto perché sappiamo di avere una comunità ampia e reale. Un sondaggio Euromedia Research indica che circa il 25% degli italiani conosce Byoblu. La cifra necessaria per superare questo momento può sembrare elevata, ma distribuita su questa platea diventa sostenibile.
Inoltre, la trasformazione della società in un azionariato popolare diffuso (Media Pluralisti Europei) è la dimostrazione concreta che il sostegno non è passivo: i cittadini partecipano alle assemblee (la prima è stata lo scorso 8 novembre), eleggono il consiglio di amministrazione, incidono realmente sulle scelte. È stabilito per Statuto. Ma già prima della trasformazione questa impostazione ci ha sempre contraddistinto: ogni passo che abbiamo fatto, la stessa decisione di aprire un canale tv, è stata presa dalle persone. Noi, oggi, abbiamo costruito una piattaforma di informazione partecipata indipendente e democratica, dove si può entrare, mettendo la propria quota, per prendere il controllo del palinsesto, della linea editoriale, della governance. Abbiamo già oltre tremila tra i soli soci azionisti ma puntiamo ad averne 30 mila, 300 mila, perché no. Vogliamo restituire l’informazione nelle mani dei cittadini sottraendola all’esclusiva dei grandi portatori di interesse, dalla politica alle multinazionali, ai grandi pseudo filantropi che pensano a fare ingegneria sociale per i loro obiettivi. In Italia ci stiamo riuscendo e vorremmo portare questo modello di informazione diffusa e distribuita anche nel resto dell’Europa, da qui il nome Media Pluralisti Europei.

7. Una delle paure più forti è: “I miei soldi finiranno solo a pagare avvocati e vecchie cause”. È un dubbio comprensibile. Che cosa risponde a chi se lo chiede e quali impegni vi prendete perché situazioni del genere non mettano più a rischio la sopravvivenza di Byoblu?
È un dubbio legittimo, e sarebbe disonesto negarlo. La verità è che una parte delle risorse serve a difendere l’esistenza stessa di Byoblu, e questo oggi significa anche affrontare costi legali. Ma non è e non sarà mai l’unica destinazione dei fondi.
L’impegno è duplice: da un lato superare questa fase emergenziale, dall’altro rafforzare i meccanismi di tutela interna, di prevenzione dei conflitti, affinché situazioni simili non possano più mettere a rischio la sopravvivenza del canale. Chi contribuisce non sta pagando “vecchie cause”: sta investendo nella possibilità che Byoblu continui a esistere e a fare informazione. Parallelamente, il Consiglio di Amministrazione è al lavoro giorno e notte per reperire risorse che esulino dalle donazioni, coinvolgendo realtà medie e grandi che condividono la nostra vocazione e le nostre finalità. L’obiettivo è costruire “alleanze” che possano contribuire alla crescita e alla stabilità di un canale realmente indipendente, senza snaturarne l’identità editoriale.

8. Dentro la redazione, tra tecnici, giornalisti e collaboratori, come si vive questa incertezza? Che cosa rischiano concretamente le persone che lavorano lì, anche sul piano umano e familiare, se il canale dovesse fermarsi?
Abbiamo tutti una forte determinazione: abbiamo superato difficoltà enormi in passato e non intendiamo fermarci ora per l’azione di un singolo ex dipendente che ha trasformato questa vicenda in una crociata personale. Sentiamo una responsabilità verso i cittadini che ci seguono e verso il lavoro fatto in questi anni. Questo pesa più della paura. Detto questo, una volta spiegata la situazione alle persone, c’è stata da parte loro una risposta sorprendente. In solo pochi giorni sono entrati contributi importanti grazie ai quali l’azienda ha immediatamente pagato gli stipendi a tutti i dipendenti. Ma la tenuta del canale dipende ancora dalla possibilità di reperire risorse: servono alcune centinaia di migliaia di euro per superare questa fase e garantire continuità operativa.

9. Se immaginiamo un’Italia senza Byoblu, quali temi smetterebbero di entrare negli studi televisivi e quali persone, secondo lei, tornerebbero a essere completamente invisibili nel dibattito pubblico?
Scomparirebbero temi scomodi: le ingiustizie sistemiche, le criticità nel campo della salute, le contraddizioni della politica e della geopolitica, un’analisi realmente critica della società. Soprattutto, tornerebbero invisibili persone e punti di vista che oggi faticano già a trovare spazio nei media tradizionali. Noi non pretendiamo di possedere la verità in tasca. Il nostro lavoro non è imporre una visione, ma dare alle persone la possibilità di ascoltare tutte le campane, conoscere le alternative e farsi un’idea in modo autonomo. È questo il senso profondo del nostro impegno editoriale.

10. L’ultima domanda gliela faccio in modo diretto: perché, nonostante la fatica quotidiana di arrivare a fine mese, una persona dovrebbe comunque rinunciare a qualcosa, anche a poco, per sostenere Byoblu invece di rassegnarsi all’idea che “tanto non cambia niente”?
Perché ognuno di noi sceglie ogni giorno quali sono le proprie priorità. Per molti, essere informati in modo onesto e non condizionato è una di queste. In questo senso sostenere Byoblu non è un peso, ma una scelta: contribuire all’esistenza di una televisione libera che non risponde a interessi esterni, ma ai cittadini.

IR
Andrea Lucidi - Андреа Лучиди

Andrea Lucidi - Андреа Лучиди

Reporter di guerra, ha lavorato in diverse aree di crisi dal Donbass al Medio Oriente. Caporedattore dell’edizione italiana di International Reporters, si occupa di reportage e analisi sullo scenario internazionale, con particolare attenzione a Russia, Europa e mondo post-sovietico.

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