La presenza di Andrea Lucidi lo ha mostrato in modo chiaro, riportando al centro il tema della libertà di stampa in Occidente. A Genova abbiamo organizzato il primo International Reporters Day: sala piena, domande serrate, pubblico curioso. Lunedì Byoblu ha mandato in onda l’intervista ad Andrea Lucidi come prima puntata della nuova stagione di VperVirginia. Sui social si è scatenata la solita raffica di critiche, ma il punto è un altro: l’intervista è rimasta online, integra, senza tagli.
Virginia Camerieri, direttrice di Byoblu, ha chiesto a Lucidi del suo lavoro in Donbass e in Russia, della richiesta di cittadinanza russa, del rapporto tra la nostra agenzia e lo Stato. Le risposte sono andate in onda così come sono state registrate. Niente rimaneggiamenti, niente cornici moralistiche aggiunte dopo. È un dettaglio che oggi fa la differenza. In un clima dove si chiede spesso ai media di allinearsi, decidere di non toccare un contenuto scomodo significa dimostrare di non avere paura e rispettare il proprio pubblico.
Il conflitto in Ucraina è diventato un argomento che divide subito e con forza. Proprio per questo serve più che mai uno spazio dove le versioni dei fatti possano convivere e misurarsi. Non si tratta di santificare qualcuno, tantomeno di spegnere il senso critico. Si tratta di riconoscere che un dibattito reale esiste solo se non lo si imbottiglia in due slogan. In questo senso, la permanenza dell’intervista è un segnale: c’è chi, in Italia, è disposto a reggere le conseguenze di una scelta non allineata.
Byoblu non è un caso isolato. Da anni realtà come Casa del Sole TV e Visione TV portano avanti un giornalismo che vive soprattutto sui canali digitali e che ha trovato anche strade parallele, come libri e riviste. Hanno costruito comunità e si sono prese il rischio di stare nel conflitto delle idee, senza rifugiarsi nella comfort zone del consenso facile. È un lavoro che non elimina gli errori, ma rende più difficile l’automatismo della censura sociale.
Difendere la libertà di stampa non significa applaudire ogni contenuto. Significa accettare che possano esistere voci che disturbano, che obbligano a fare quella domanda in più, che costringono a verificare meglio le prospettive. L’episodio di Genova e l’intervista su Byoblu hanno avuto questo merito: hanno rimesso il pubblico nella posizione di chi deve scegliere cosa pensare, non di chi deve farsi dire cosa pensare. Finché esisteranno media capaci di sostenere questo peso, potremo dire che in Italia lo spazio per un’informazione plurale non è ancora stato chiuso a chiave.





