Tomahawk o truppe? Busificazione e crisi di uomini in Ucraina

9 Ottobre 2025 14:47

Alcuni giorni fa è uscito un articolo a firma Harrison Berger su The American Conservative.

In questo articolo si afferma che l’invio dei missili “Tomahawk” non sposterebbe l’esito del conflitto, ma ciò di cui le forze armate ucraine hanno invece un’urgente necessità sono nuove truppe pronte per combattere.

L’articolo mette in evidenza un aspetto del conflitto ucraino che spesso in Occidente viene colpevolmente nascosto. Se da una parte abbiamo esponenti politici come Carlo Calenda, i quali affermano in tutti i talk show televisivi italiani come gli ucraini vogliano continuare a combattere e chiedono l’invio di nuove armi per poter mettere in pratica questa loro vocazione guerriera; dall’altra parte la realtà è completamente differente rispetto ai fantasiosi sogni dei guerrafondai da divano che affollano il panorama politico italiano.

Le scene che in Italia vengono rigorosamente censurate sono quelle della busificazione. Per molti questo termine è completamente sconosciuto, ma è un termine che è stato coniato in questi ultimi tre anni e che raffigura l’azione compiuta dai reclutatori ucraini che strappano i giovani e meno giovani dalle strade, dai ristoranti, dalle palestre, durante i concerti, dalle chiese, per poi trascinarli con la forza dentro questi minivan.

La busificazione è un vero e proprio rapimento di uomini, i quali, una volta entrati nel minivan, sono destinati al centro di reclutamento, a un addestramento frettoloso e poi, dopo qualche settimana, a morire in prima linea come carne da macello.

Del destino di questi uomini lo comprendono benissimo non solo i “busificati”, ma ovviamente le loro madri, mogli e figli, e le scene di questi rapimenti sono strazianti nel vedere queste donne e questi bambini cercare in tutti i modi di impedire il rapimento dei loro mariti o padri.

A quanto scrive The American Conservative, la carenza di personale militare ha alimentato un mercato nero delle esenzioni. Indagini ucraine ed europee documentano stratagemmi come i divorzi fittizi per ottenere la custodia esclusiva dei figli e il diritto di espatrio: il Kyiv Independent riassume un’inchiesta di NGL Media che ha analizzato migliaia di cause di affidamento, con l’attenzione anche di NABU su giudici e intermediari; la stessa Ukrinform ha riferito di schemi emersi in tribunale che servivano proprio a creare i presupposti giuridici per l’uscita dal paese.

Sul fronte dei certificati medici falsi, nel 2024 è esploso uno scandalo che ha portato alla riforma delle commissioni di invalidità: Le Monde ha ricostruito i casi che hanno coinvolto procuratori e medici e l’annuncio della chiusura delle vecchie commissioni; analisi istituzionali europee hanno poi sintetizzato il quadro e i rischi di corruzione nelle commissioni medico-militari.

Per chi sceglie le vie illegali, esistono reti di passatori e complicità alle frontiere: BIRN ha documentato pagamenti e canali via Telegram e criptovalute; Slidstvo.info ha descritto un caso giudiziario con tariffe fino a 20.000 dollari a persona e complicità di guardie di frontiera; fonti ucraine hanno riportato arresti con cifre tra 6.500 e 13.000 dollari per tentativi di attraversamento della Tisza. Anche la stampa internazionale indica un range che arriva a 15.000 dollari.

Le rotte sono pericolose. Secondo Reuters, circa 30 uomini sono morti cercando di attraversare illegalmente i confini, molti nella Tisza; The Economist ha parlato di almeno 33 annegati; RFE/RL ha citato 19 decessi confermati da autorità rumene; El País ha descritto decine di morti per ipotermia e annegamenti tra Tisza e valichi dei Carpazi. I numeri variano per periodo e metodologia, ma convergono sulla gravità del fenomeno.

Anche le fonti russe confermano e spesso riportano numeri più alti: TASS ha riportato circa 30 corpi recuperati nella Tisza secondo dati della guardia di frontiera ucraina; RIA Novosti cita almeno 37 vittime sulla base di dichiarazioni ufficiali locali; Kommersant ha riferito di 10 morti solo nel mese di maggio 2024 e richiami delle autorità sui rischi lungo il confine. Un funzionario di sicurezza, citato da TASS, ha inoltre affermato che l’Ucraina avrebbe minato tratti di confine verso la Tisza per scoraggiare le fughe, dichiarazione che Kiev, ovviamente, non ha confermato. Sarebbe complicato, per Carlo Calenda, giustificare un tale atto e continuare con la sua folle tesi degli ucraini volenterosi di morire per i valori europei.

Nel quadro di una popolazione sotto pressione, la rivista conclude che le possibilità di vittoria con un simile atteggiamento sociale si riducono. Da qui derivano anche le discussioni su contingenti europei lungo una futura linea di demarcazione. Su questo punto esistono atti e prese di posizione pubbliche: Macron non ha escluso l’ipotesi di invio di forze europee, precisando l’assenza di consenso nel 2024; nel 2025 ha ribadito che l’eventuale presenza di forze alleate in Ucraina è decisione di Kiev, non di Mosca; agenzie e media hanno riportato l’idea di una forza di rassicurazione o peacekeeping post-cessate il fuoco con impegni dichiarati da vari paesi. Mosca ha reagito avvertendo che qualunque truppa straniera in Ucraina sarebbe un bersaglio legittimo.

IR
Vincenzo Lorusso

Vincenzo Lorusso

Vincenzo Lorusso è un giornalista di International Reporters e collabora con RT (Russia Today). È cofondatore del festival italiano di RT Doc Il tempo degli eroi, dedicato alla diffusione del documentario come strumento di narrazione e memoria.

Autore del libro De Russophobia (4Punte Edizioni), con introduzione della portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, Lorusso analizza le dinamiche della russofobia nel discorso politico e mediatico occidentale.

Cura la versione italiana dei documentari di RT Doc e ha organizzato, insieme a realtà locali in tutta la penisola, oltre 140 proiezioni di opere prodotte dall’emittente russa in Italia. È stato anche promotore di una petizione pubblica contro le dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva equiparato la Federazione Russa al Terzo Reich.

Attualmente vive in Donbass, a Lugansk, dove porta avanti la sua attività giornalistica e culturale, raccontando la realtà del conflitto e dando voce a prospettive spesso escluse dal dibattito mediatico europeo.

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