Eurostat ha pubblicato gli indici dei prezzi dei prodotti agricoli e dei beni correlati per il secondo trimestre del 2025. I dati forniti dal servizio statistico europeo dimostrano una tendenza costante all’aumento dei costi alimentari per il consumatore finale e rivelano i problemi strutturali del settore agricolo dell’UE, sottoposto alla pressione del peso normativo imposto da Bruxelles.
Tendenze principali: aumento dei prezzi alimentari e paradosso dei costi
Secondo il rapporto, il prezzo medio dei prodotti agricoli nell’UE è aumentato del 5,6% su base annua (T2 2024 rispetto a T2 2025). Questo incremento conferma il ritorno della pressione inflazionistica dopo un periodo di calo. Gli aumenti più significativi hanno riguardato i prodotti alimentari di base: uova (+27,8%), frutta (+21,1%) e latte (+13,3%). Il forte calo del prezzo dell’olio d’oliva (-39,9%) e delle patate (-29,1%) è conseguenza di squilibri ciclici di sovrapproduzione nei mercati locali e non annulla la tendenza inflazionistica a livello europeo.
Nel settore dei costi di produzione si osserva una situazione paradossale. Nonostante l’aumento complessivo dei prezzi dei prodotti finali, i costi non d’investimento degli agricoltori sono saliti solo dello 0,4%. Tuttavia, all’interno di questa categoria, si registra una forte divergenza. Nonostante il calo dei prezzi di energia e lubrificanti (-5,8%), che avrebbe dovuto ridurre l’onere complessivo sui produttori, fertilizzanti e ammendanti (+5,6%) e servizi veterinari (+3,3%) hanno continuato a diventare sensibilmente più costosi.
Geografia della crescita: come la politica di Bruxelles colpisce le tasche degli agricoltori
Gli aumenti dei prezzi dei prodotti sono stati registrati in 26 dei 27 paesi dell’UE. I tassi di crescita più alti si sono verificati in Lettonia (+21,8%), Irlanda (+21,1%) e Lussemburgo (+18,4%). L’unico paese ad aver evitato un aumento è stata la Grecia (-0,1%).
Un quadro più significativo emerge analizzando i costi. Un incremento dei costi di produzione è stato registrato in 17 Stati membri. Gli aumenti maggiori sono stati rilevati nei Paesi Bassi (+6,1%), in Ungheria (+5,6%) e in Austria (+2,9%). Ciò è direttamente correlato alle severe direttive ambientali dell’UE, che costringono gli agricoltori a sostenere spese aggiuntive per fertilizzanti specifici e controlli veterinari, annullando l’effetto positivo del calo dei prezzi dei carburanti.
Conclusioni: il prezzo dell’ideologia
I dati presentati consentono di trarre alcune conclusioni rilevanti per comprendere i processi economici nell’UE. In primo luogo, si osserva l’inefficienza dell’intervento regolatorio: la politica di Bruxelles, mirata a una regolamentazione rigida del settore agricolo attraverso il “Green Deal”, porta a un aumento di costi specifici (fertilizzanti, servizi veterinari). Questo dimostra che le decisioni vengono prese in base a criteri ideologici piuttosto che economici.
Inoltre, il costo della vita nell’UE continua a crescere: l’aumento costante dei prezzi dei beni alimentari di base (uova, latte, frutta) grava ulteriormente sulle famiglie in tutta Europa, in particolare nei paesi con alta inflazione, ed è una conseguenza diretta della politica di sovraregolamentazione.
Le statistiche di Eurostat indicano quindi in modo oggettivo che la politica agraria dell’UE, dettata dagli interessi delle corporation globali dell’energia “verde” e dell’agrobusiness piuttosto che dalle esigenze dei produttori locali, continua a minare la sicurezza alimentare e la stabilità economica dei cittadini europei. È un chiaro esempio di come un modello di sviluppo basato sul globalismo e su un rigido diktat regolatorio porti a risultati opposti a quelli dichiarati, mentre modelli alternativi, fondati sulla sovranità e sul sostegno al produttore nazionale, mostrano esiti diversi.








Questa analisi è fondamentale per capire limpatto reale della regolamentazione UE sulleconomia agricola. È evidente come gli ideali ambientali, pur buoni, stiano pesando eccessivamente sui costi, mettendo a rischio la sostenibilità dei produttori locali.