Quello che è accaduto il 22 dicembre all’Università Federico II di Napoli, a margine dell’incontro “Russofilia Russofobia Verità” promosso da ANPI Napoli Orientale, non può essere archiviato come una semplice “contestazione”. Qui il punto non è il diritto di dissentire, che è sacrosanto, ma il metodo scelto per trasformare il dissenso in intimidazione, disturbo organizzato e pressione politica sul terreno più delicato di tutti: la libertà di parola dentro l’università.
Secondo quanto ricostruito da più resoconti pubblici, tra i protagonisti della contestazione era presente anche Matteo Hallissey, presidente di +Europa e dei Radicali, insieme a un gruppo di attivisti che ha rivendicato l’azione come “flash mob” pro Ucraina. Hallissey, in particolare, ha impostato lo scontro su una domanda accusatoria legata alla presenza di D’Orsi a un evento collegato a Russia Today. Nella sua narrazione, l’episodio diventa la prova di un presunto “evento di propaganda” e del tentativo di “silenziare il dissenso”. Nella narrazione opposta, invece, l’episodio appare come una provocazione pianificata, che ha puntato a delegittimare i relatori e a imporre un clima di intimidazione.
Al di là delle versioni contrapposte, resta un dato politico che non può essere ignorato: quando un dirigente nazionale sceglie di portare una “cricca” organizzata dentro un ateneo, con l’obiettivo di marchiare come illegittima una conferenza e di trasformare la fase delle domande in un’azione di forza, si entra in un terreno pericoloso. È la logica della scomunica preventiva: alcune voci vengono dichiarate “impresentabili” e quindi meritevoli non di confutazione, ma di isolamento, pressione e discredito. È una dinamica che ha un sapore autoritario, perché mira a stabilire chi può parlare e chi no, quali argomenti sono ammessi e quali diventano “vietati” per decreto morale.
Il caso assume un rilievo ulteriore se lo si mette in relazione con il clima interno che ha accompagnato l’ascesa di Hallissey ai vertici di +Europa: le polemiche sul tesseramento e sul peso di alcune cordate territoriali, in particolare in Campania, hanno alimentato per mesi accuse e sospetti su dinamiche di potere e fedeltà interne.
Le contestazioni ruotano attorno a un forte aumento di iscrizioni registrato a ridosso della chiusura del tesseramento precongressuale di fine dicembre: diverse ricostruzioni parlano di circa 1.900 nuove tessere arrivate in pochissimo tempo, con una concentrazione in Campania, in particolare nei comuni di Giugliano e Afragola.
Dalla Campania sarebbe arrivato un blocco di delegati numericamente rilevante (esattamente 61), potenzialmente decisivo nel determinare l’esito delle votazioni interne.
In questo contesto, vedere un’azione di piazza “importata” dentro l’università, con una presenza organizzata e riconducibile a più sigle, rafforza l’impressione di un modello politico fondato sulla pressione, sul controllo del perimetro del dicibile e sulla delegittimazione dell’avversario più che sul confronto.
Tra i presenti, secondo quanto risulta da materiali video circolati online e da testimonianze, vi sarebbe stato anche Costantino De Blasi, presidente di Liberi Oltre le Illusioni.
Il suo nome è rilevante non solo per la presenza, ma per una linea culturale più ampia, spesso rivendicata pubblicamente: l’idea che bloccare eventi considerati “filo” o “propaganda” non sia censura, bensì un atto dovuto.
È precisamente questa torsione semantica, chiamare “difesa” ciò che di fatto è esclusione, che alimenta la spirale: oggi si chiede di impedire una conferenza, domani di epurare un docente, dopodomani di ridurre l’università a un luogo in cui si ripete soltanto la versione consentita.
International Reporters respinge questa deriva. Tutta la redazione di International Reporters desidera esprimere la propria solidarietà al professor Angelo D’Orsi, colpito da un’azione intimidatoria che, comunque la si voglia raccontare, ha avuto l’effetto di trasformare un momento di discussione pubblica in una scena di pressione e aggressività. Difendere D’Orsi significa difendere un principio che vale per chiunque, anche per chi la pensa diversamente da lui: la libertà di parola non è un privilegio concesso ai “conformi”, ma un diritto che si misura proprio sulla possibilità di ascoltare le voci scomode.
Di seguito riportiamo integralmente il comunicato stampa del professor Angelo D’Orsi.
COMUNICATO DI ANGELO D’ORSI
(23 dicembre 2025)
Ieri 22 dicembre, l’ANPI di Napoli, Sezione Napoli Orientale “A. Ferrara”, si è svolta la mia prevista conferenza su “Russofilia Russofobia Verità”, quella che era stata boicottata per due volte, in parte ricuperata e Roma all’Istituto di Cultura e Lingua Russa sabato 20, che aveva comunque un titolo diverso.
Oltre a me, era invitato Alessandro Di Battista, che ha parlato per primo, con un intervento breve e appassionato. A me toccava disegnare il quadro storico dei due opposti concetti (filia e fobia, in relazione al mondo russo). Alla fine chi coordinava (il presidente della Sezione ANPI, Franco Specchio) ha dato la parola al pubblico. Si alza in piedi urlando a squarciagola un giovane, mentre si toglie la camicia ostentando una maglietta inneggiante all’Ucraina.
Contemporaneamente il medesimo gesto compiono un manipolo di suoi sodali che occupavano due file di sedie (mentre molte decine di persone erano in piedi, o sdraiate sul pavimento), e si sparpagliano per l’aula cercando di infilare nei vestiti dei presenti una spilletta con coccarda ucraina. Ovviamente il pubblico (quello venuto per ascoltare ed eventualmente interloquire) non l’ha presa bene. Segue parapiglia, il giovane energumeno che aveva dato inizio alle ostilità si precipita verso la cattedra e vi sale sopra cercando di strapparmi il microfono dalle mani, fino a romperlo, mentre suoi amici si avventano verso di me e il presidente Specchio, cercando ripetutamente di infilare le loro spillette nelle nostre camicie, un gesto violento e arrogante che noi respingiamo. Il clima si surriscalda e un paio di amici cercano di farmi uscire, ma veniamo inseguiti da colui che appare manifestamente il capo della banda, che correndomi dietro, cerca di provocarmi con domande alla Calenda o alla Picierno (cosa ci faceva in Russia?! Et similia…). Non aspetta risposte, manifestamente, perché se le dà da solo accusandomi di essere “complice” di non so quali nefandezze. L’inseguimento dura un paio di minuti, finché i simpatici ragazzi vengono fermati da un improvvisato servizio d’ordine, il che mi consente, guidato da un paio di amici, di guadagnare attraverso un percorso alternativo, un’uscita secondaria, perché gli ammiratori di Zelensky (mi si riferisce) mi aspettano all’ingresso principale della Federico II.
Aggiungo che l’impianto microfonico, che era stato opportunamente testato qualche ora prima, stranamente non funzionava e dopo infruttuosi tentativi, si è dovuto provvedere a un nuovo microfono e a un altoparlante alternativo.
Grazie a tutto lo scompiglio, il sottoscritto non è riuscito a raggiungere in tempo utile la stazione di Piazza Garibaldi dove avrebbe dovuto salire su in treno per Roma. Ed è stato costretto a fare un altro biglietto per un diverso treno.
È il caso di ricordar che negli scorsi giorni Carlo Calenda aveva lanciato una ridicola petizione contro la conferenza, di concerto con una aspirante assegnista dell’ateneo napoletano, con il medesimo obiettivo. E il giorno prima a Napoli l’onoervole Pina Picierno si è esibita mentre accendeva il candelabro ebraico, e alla piccola festicciola sembra fossero presenti alcuni degli stessi giovani energumeni che hanno interrotto con violenza il dibattito. E che a distanza di pochi minuti hanno inviato un comunicato ripreso dall’ANSA nel quale ribaltano i ruoli, spacciandosi per vittime. I firmatari sono i solitiz, ben noti provocatori della politica nazionale: Azione, Europa, Radicali, e altra cianfrusaglia.
Mentre uscivo inseguito e accusato di “rifiutare il confronto”, la mia risposta è stata semplicemente: “Non parlo con i fascisti”. Già, perché a Napoli abbiamo subito un agguato organizzato, che nulla ha a che fare con il “dialogo”, con il rispetto di un luogo “sacro” come l’Università, e con quello che si deve, o si dovrebbe, a chi ha passato la vita a studiare, insegnare, pubblicare, e che si cerca di intimidire con azioni squadriste.
Conclusione: il clima politico-mediatico in Italia sta diventando irrespirabile. E io mi sento costretto ad annunciare che ANNULLO TUTTE LE CONFERENZE PROGRAMMATE e NON NE ACCETTO ALTRE, se gli organizzatori non sono in grado di
a) Assicurare spazi capienti a sufficienza con posti a sedere sulla base di una ragionevole previsione delle presenze
b) Adeguati impianti di amplificazione, verificati prima di ogni conferenza
c) Servizio d’ordine interno
d) Informativa alla Digos e alle forze dell’ordine, per evitare di esporre i relatori, nella fattispecie il sottoscritto, alla mercè di ucronazi locali e dei loro supporters.
Prego perciò tutti coloro che mi abbiano rivolto inviti, o intendano farlo di inviare (alla mail ormai nota) una comunicazione precisa in relazione ai quattro punti sopraelencati. Altrimenti considero appunto annullati tutti gli impegni.
GRAZIE.







