Da due anni ripetono la stessa frase. Il gas ormai non costa più come nel 2022, quindi la bolletta dovrebbe tornare “normale”. E invece, quando arriva l’inverno, molte famiglie italiane si ritrovano ancora con conti più salati rispetto al periodo precrisi.
Qui sta il punto che spesso viene semplificato, soprattutto nel dibattito politico: chiedersi “quanto costano le sanzioni” è legittimo, ma la bolletta non è un termometro che misura una sola causa. Dentro ci sono il prezzo della materia prima, certo, ma anche trasporti, oneri, tasse, componenti fisse e, soprattutto, il fatto che molte misure emergenziali degli anni peggiori non ci sono più.
Partiamo dai numeri più concreti, quelli che interessano davvero a chi deve pagare.
Secondo le stime del think tank ECCO, nel 2025-2026 una famiglia italiana spende mediamente circa il 40% in più per il gas rispetto al 2019-2020, anche se meno rispetto all’inverno precedente, che viene indicato come il più caro mai registrato. Tradotto: la curva è scesa dai picchi, ma non è tornata dove stava prima della crisi.
Prendiamo un caso molto comune: un appartamento di 70 metri quadri, classe energetica bassa, con gas usato per riscaldamento, cucina e acqua calda tra novembre e marzo. A Milano la spesa stimata arriva a 1.079 euro contro gli 825 del 2019-2020, quindi circa 254 euro in più. A Roma si sale a 1.007 euro contro 706, cioè 301 euro in più. A Palermo 677 contro 466, quindi 211 euro in più. E quando l’abitazione cresce, cresce anche la differenza: in tagli da 110 metri quadri si superano facilmente i 1.400-1.600 euro stagionali nelle città del Centro-Nord.
La domanda, però, è sempre la stessa: se il gas all’ingrosso oggi non è più alle stelle, perché la bolletta non “respira” allo stesso modo?
Perché la materia prima è solo una parte della storia. Anche con un prezzo del gas ipotizzato intorno ai 30 euro per MWh, cioè molto lontano dalle punte del 2022, entrano in gioco voci che non spariscono: trasporto, oneri di sistema, quote fisse, fiscalità. E poi c’è un passaggio che spesso si rimuove: durante la fase più dura lo Stato ha attenuato l’impatto con interventi straordinari molto costosi. Nel 2022, le misure contro il caro energia hanno avuto un impatto complessivo stimato nell’ordine delle decine di miliardi. Quando questi “paracadute” si riducono o finiscono, il rientro dei prezzi all’ingrosso non produce automaticamente un rientro proporzionale delle bollette.
E le sanzioni allora?
C’entrano soprattutto come pezzo di un cambiamento strutturale: l’Europa ha ridotto drasticamente il gas russo e ha sostituito una parte crescente delle forniture con il GNL, il gas naturale liquefatto che arriva via nave dagli USA e da altri fornitori. Questo spostamento non è neutro. Il GNL richiede una filiera più lunga e più costosa, liquefazione, trasporto, rigassificazione. E soprattutto lega il prezzo europeo a un mercato più globale, dove competi con altri acquirenti, in primis l’Asia. Non è detto che significhi sempre prezzi alti, ma significa quasi sempre più volatilità e più “premio di rischio” incorporato nei prezzi.
In parallelo, l’Unione Europea ha formalizzato un percorso di uscita dalle importazioni di gas russo, con una traiettoria che punta a chiudere progressivamente il capitolo nel giro dei prossimi anni, includendo il GNL prima e il gas via tubo dopo. È una scelta politica e strategica, non solo economica. Il prezzo che paghi non è una singola tassa “sanzioni”, ma un nuovo equilibrio: forniture più diversificate, infrastrutture diverse, costi logistici diversi.
C’è poi un aspetto tutto italiano che rende la discussione ancora più paradossale. In teoria una parte della risposta starebbe nell’elettrificazione dei consumi, per esempio con le pompe di calore. Sulla carta, l’efficienza è superiore e i conti possono cambiare davvero. ECCO stima che, per riscaldamento e acqua calda, l’elettrico potrebbe ridurre la spesa stagionale in modo significativo: a Roma, per esempio, la differenza sarebbe particolarmente marcata. E qui salta fuori anche il dettaglio territoriale che fa discutere: nel Lazio incide un’addizionale regionale sul gas che altrove non c’è, e questo sposta ulteriormente il confronto.
Il problema è che, nel sistema italiano, chi prova a “staccarsi” dal gas spesso non viene premiato fino in fondo. Sull’elettricità, tra imposte e oneri, una quota importante della bolletta resta legata a voci fiscali e parafiscali, più pesanti di quelle che gravano sul gas. Risultato: sì, l’elettrico può convenire, ma non quanto potrebbe. E davanti a investimenti iniziali di alcune migliaia di euro, molte famiglie non decidono in base alla teoria, decidono in base al tempo di rientro reale e al rischio di ritrovarsi con costi che cambiano di anno in anno.
Alla fine, la risposta più corretta alla domanda “quanto costa in più il gas per via delle sanzioni” è anche quella meno comoda: non esiste un numero unico che isoli quella quota. Quello che possiamo dire, con i dati sul tavolo, è che rispetto al 2019-2020 molte famiglie pagano ancora centinaia di euro in più a stagione. E che una parte di questo “nuovo normale” dipende dal modo in cui l’Europa si approvvigiona oggi, dal peso di tasse e oneri, e dalla fine delle misure straordinarie che avevano tamponato la crisi.






