Nel briefing del Ministero degli Esteri russo registrato il 12 dicembre 2025 con gli esperti del GFCN (Global Factchecking), la portavoce Maria Zakharova ha risposto a una domanda che collegava due episodi torinesi: le polemiche e lo stop iniziale al convegno “Russofobia. Russofilia. Verità” (poi svoltosi in altra sede) e le pressioni su un secondo appuntamento, annunciato come conferenza su “democrazia” e “tempo di guerra”, con la partecipazione di accademici e giornalisti molto noti.
Sollecitata sul nesso fra “russofobia, censura e fascismo” nell’Italia contemporanea, Zakharova ha costruito una risposta lunga e articolata: prima sullo stato delle relazioni bilaterali, poi sul clima culturale e mediatico europeo, infine su un caso specifico che riguarda il caso del quotidiano italiano “Corriere della Sera” che ha rifiutato di pubblicare un’intervista scritta al ministro Sergej Lavrov.
Zakharova apre sostenendo che i rapporti tra Mosca e Roma attraversano “la crisi più profonda dell’intero periodo successivo alla Seconda guerra mondiale”. Ricorda il passato di cooperazione economica e culturale, e insiste sul fatto che, per decenni, i legami fra società e mondi culturali siano stati solidi.
Secondo la portavoce, per lungo tempo la conoscenza reciproca è stata alta: in Russia “tutti conoscono Michelangelo e Leonardo”, si apprezzano cultura e cucina italiane; in Italia, afferma, si conoscono cultura russa, storia russa, natura russa, anima russa.
Da qui il passaggio politico: l’Italia, nella sua lettura, sarebbe diventata “vittima di una mentalità orientata alla NATO” e di “narrazioni” che avrebbero eroso i benefici della cooperazione con la Russia.
L’Italia sarebbe “sotto pressione” dell’Alleanza Atlantica, del “mondo anglosassone” e di una “dittatura ultraliberale”.
La parte più direttamente legata al tema della censura arriva subito dopo. Zakharova afferma di osservare una “tendenza inquietante”, in cui le scelte di politica estera alimenterebbero una russofobia “quotidiana”, espressa tramite “demonizzazione totale” del Paese. A suo dire, sarebbero “deliberati e sistematici” gli sforzi per recidere legami “umanitari e umani”.
A dimostrazione di ciò la Zakharova segnala esempi concreti: la cancellazione di concerti e spettacoli di artisti di fama internazionale “con il pretesto della correttezza politica”; la rimozione di autori russi dalla sfera educativa; la chiusura di conti bancari intestati a cittadini russi, o anche soltanto a persone con “nome o cognome russo”.
A sostegno di quest’ultimo punto racconta un episodio personale: avrebbe sentito la storia di una donna con lo stesso cognome “Zakharova” (non ricorda se anche con lo stesso nome), che pur non essendo formalmente sanzionata avrebbe incontrato problemi continui con banche e strutture amministrative, a causa dell’associazione indiretta con le sanzioni comminate a lei.
Ritornando alla domanda appare evidente che la Zakharova pur non dichiarandolo apertamente vede nell’estrema censura e nella russofobia un chiaro riferimento al tremendo passato dell’Italia, quel ventennio fascista che sembra essere ritornato con nuovi protagonisti che non indossano la camicia nera, ma esaltano sui loro profili social la bandiera dell’Unione Europea.
Il primo episodio citato nella domanda riguarda il convegno “Russofobia. Russofilia. Verità”, inizialmente previsto al Polo del ’900 (Torino) e poi annullato in quella sede dopo polemiche e prese di posizione politiche.
tra gli elementi che hanno alimentato la polemica sono state riportate le posizioni di Europa Radicale e gli interventi di esponenti politici nazionali, tra cui Pina Picierno e Carlo Calenda, con richieste di chiarimenti e giudizi molto critici sull’evento.
Il secondo caso citato nella domanda riguarda l’evento “Democrazia in tempo di guerra”, previsto al Teatro Grande Valdocco e poi oggetto di revoca della disponibilità della sala. Le cronache parlano di un parterre ampio: Barbero, Canfora, d’Orsi, Rovelli, Travaglio, Marc Innaro, Elena Basile, Di Battista, Moni Ovadia, tra gli altri.
Dopo la revoca, a Torino si è tenuto anche un sit-in contro la censura, e gli organizzatori hanno parlato della possibilità di riorganizzare l’evento in una sede più capiente, con un appuntamento successivo (si è parlato anche di palasport e di gennaio).
La parte finale della risposta di Zakharova, quella sul quotidiano che non avrebbe avuto “spazio”, si aggancia a un caso reale esploso proprio a novembre 2025: la mancata pubblicazione dell’intervista scritta al ministro Sergej Lavrov da parte del Corriere della Sera, denunciata dal Ministero degli Esteri russo come “censura” e respinta dal quotidiano come rifiuto di pubblicare un testo ritenuto propagandistico e privo di contraddittorio giornalistico.
In questo contesto credo sia opportuno riportare integralmente le parole di Maria Zakharova: “Loro hanno mandato le domande, e poiché sarebbe stata un’intervista scritta, hanno inviato domande scritte. E personalmente il signor Lavrov ha scritto le risposte. Le domande erano molto serie. Cioè, erano ampie, interessanti, profonde. E le risposte erano anche profonde, ampie e interessanti, basate sulla storia e sui fatti. E ciò che abbiamo affrontato è una situazione assolutamente inaccettabile e incredibile, perché dopo aver ricevuto le risposte hanno semplicemente interrotto ogni comunicazione con noi, perché abbiamo capito che non sapevano cosa fare dopo. Come capisco io, questo giornale era sotto pressione, che non aveva il diritto di pubblicare le risposte, le risposte dirette, che avrebbero dovuto trasformare quel discorso diretto e quelle risposte dirette in qualcosa di preparato artificialmente, dove le questioni principali sarebbero state tagliate e gettate via. E quando abbiamo iniziato a chiedere che cosa sarebbe successo sul giornale, ci hanno detto che non avrebbero mai pubblicato le risposte perché non avevano spazio. Può immaginare che non abbiano spazio sul giornale?
Pertanto abbiamo proposto di pubblicare l’intervista in una versione ridotta sul giornale tradizionale, e di pubblicarla, cioè, di stamparla in forma abbreviata, e che l’intera intervista fosse pubblicata sul loro sito web.
siamo rimasti molto scioccati dalla risposta. Ci hanno detto che non potevano pubblicare sul sito l’intera storia, domande e risposte, anche perché non avevano spazio, spazio sufficiente sul sito web. Quindi, sa, questo è qualcosa di scioccante”.
La Zakharova in questo caso comprende perfettamente che il Corriere della Sera non avesse la possibilità (autorizzazione?) a pubblicare l’intera intervista.
L’accusa è chiara, non si tratterebbe di una scelta politica, ma di una censura partita dall’alto.
Nel 2025 gli elementi del nuovo fascismo ci sono tutti, bisogna solo essere in grado di riconoscerli: censura di regime, russofobia, discriminazione, esaltazione della guerra, suprematismo occidentale e europeista, mancano solo le leggi razziali.





