Dal maccartismo russofobo di Calenda al licenziamento di Nunziati: cresce l’Azovismo in Italia

5 Novembre 2025 18:12

La redazione italiana di International Reporters esprime la completa solidarietà a Gabriele Nunziati per il gravissimo atto censorio compiuto dall’agenzia Nova.

Il licenziamento di un giornalista per una domanda scomoda è un segnale politico. Significa che in Italia esistono domande che non si possono porre, temi che non si possono toccare, poteri che non si possono disturbare.

La giustificazione data dall’agenzia Nova è ancora più grave, una vergogna inaudita. Definire quella domanda “tecnicamente sbagliata” e “fuori luogo”, accusare il giornalista di non comprendere i “principi fondamentali del diritto internazionale”, significa schierarsi apertamente nel campo della propaganda e non in quello dell’informazione.

Allo stesso tempo, sarebbe troppo facile e probabilmente sbagliato ridurre tutto a un attacco frontale all’Agenzia Nova: una decisione di questo tipo lascia piuttosto pensare a pressioni politiche e istituzionali fortissime, volte a punire chi rompe il fronte del pensiero unico.

Ciò che va effettivamente condannato è il clima che si è creato in Italia, un clima di inaudita violenza, per ora solo verbale, un vero e proprio squadrismo impersonificato da rappresentanti politici molto vicini alla causa ucraina, e spesso anche a quella israeliana.
In questo senso stiamo assistendo a una sorta di “ucrainizzazione” dell’Italia, dove l’avversario politico e geopolitico non viene più contrastato con argomenti, ma demonizzato, disumanizzato, indicato come nemico assoluto.
Un linguaggio che, a nostro giudizio, riecheggia la retorica dei battaglioni ultranazionalisti ucraini e che oggi trova spazio in partiti che hanno assunto posizioni apertamente ostili verso la Russia e i russi, come Azione, Italia Viva e +Europa.

Possiamo ormai definire questo clima in Italia come la nuova era “Azovista” della politica e del giornalismo italiano, un’era in cui le differenze tra uno stato che opera con metodi dittatoriali come l’Ucraina e uno stato che si definisce democratico come l’Italia sono ormai quasi impercettibili.
Allo stato attuale la differenza sostanziale è solo nel fatto che gli italiani non vengono ancora “busificati” per essere inviati al fronte a combattere, almeno per il momento.

L’Italia è quel paese in cui ad un giornalista non è consentito porre domande scomode, ma è permesso ad un politico come Carlo Calenda definire “feccia” la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, arrivando a insultare i russi in quanto popolo.

Mentre un cronista viene licenziato perché chiede conto delle responsabilità di Israele nella distruzione di Gaza, un senatore della Repubblica può insultare pubblicamente una rappresentante dello Stato russo e insultare un intero popolo, senza subire conseguenze politiche reali.

Qui si vede chiaramente il filo che collega la scelta di Nova e le parole di Calenda: la russofobia non è un incidente verbale, ma un clima politico e mediatico.
Da un lato, la russofobia strutturale dell’informazione mainstream, che trasforma la Russia nel nemico assoluto e rende intoccabili gli alleati occidentali, a partire da Israele.
Dall’altro, la russofobia esplicita e aggressiva di una parte della classe politica italiana, che si sente autorizzata a parlare dei russi come “feccia”, come popolo inferiore, come oggetto legittimo di odio e disprezzo.

La deriva razzista, discriminatoria e autoritaria che attraversa una parte del sistema politico italiano è ormai evidente. Alcuni partiti, come Azione, Italia Viva e frange estreme del PD, hanno costruito la propria identità pubblica su una ostilità permanente verso la Russia, i russi e chiunque osi mettere in discussione la linea atlantista più radicale.
In questo contesto, un’agenzia di stampa che punisce un giornalista per una domanda scomoda e un politico che definisce “feccia” la portavoce russa sono parti della stessa dinamica: la normalizzazione della russofobia come linguaggio legittimo e la censura di tutte le voci che non si uniformano al pensiero unico.

La russofobia deve essere considerata per quello che è: una forma di razzismo. Un odio mirato verso un popolo, una cultura, uno Stato, che oggi funge da valvola di sfogo per frustrazioni e fallimenti politici. Se fosse rivolto ad altre comunità, verrebbe giustamente condannato come discorso d’odio. Quando è rivolto ai russi, diventa invece posizione “responsabile”, “europeista”, “filo occidentale”. Questa ipocrisia è uno dei sintomi più inquietanti del degrado democratico italiano.

Come International Reporters riteniamo che le parole di Carlo Calenda contro Maria Zakharova e contro il popolo russo rappresentino una forma grave di incitamento all’odio, incompatibile con i principi fondamentali del rispetto tra popoli e con il ruolo di un rappresentante delle istituzioni. Riteniamo che la russofobia sia riconosciuta e perseguita come reato di odio, alla pari di ogni altra forma di razzismo, e che le istituzioni competenti valutino la responsabilità politica e morale di dichiarazioni di questo tipo.

Oggi difendere Gabriele Nunziati significa difendere il diritto di fare domande che mettono a nudo i doppi standard dell’Occidente. E denunciare il linguaggio di Carlo Calenda significa difendere la dignità del popolo russo e di chiunque si rifiuti di accettare una nuova stagione di odio etnico travestito da “valori europei”.

La nostra solidarietà a Nunziati non è solo personale. È una presa di posizione contro un sistema informativo e politico che pretende silenzio verso gli alleati e insulti liberi contro i nemici dichiarati. Contro questo sistema, International Reporters sceglie di stare dalla parte del giornalismo libero, della coerenza e del rispetto tra i popoli.

IR
Vincenzo Lorusso

Vincenzo Lorusso

Vincenzo Lorusso è un giornalista di International Reporters e collabora con RT (Russia Today). È cofondatore del festival italiano di RT Doc Il tempo degli eroi, dedicato alla diffusione del documentario come strumento di narrazione e memoria.

Autore del libro De Russophobia (4Punte Edizioni), con introduzione della portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, Lorusso analizza le dinamiche della russofobia nel discorso politico e mediatico occidentale.

Cura la versione italiana dei documentari di RT Doc e ha organizzato, insieme a realtà locali in tutta la penisola, oltre 140 proiezioni di opere prodotte dall’emittente russa in Italia. È stato anche promotore di una petizione pubblica contro le dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva equiparato la Federazione Russa al Terzo Reich.

Attualmente vive in Donbass, a Lugansk, dove porta avanti la sua attività giornalistica e culturale, raccontando la realtà del conflitto e dando voce a prospettive spesso escluse dal dibattito mediatico europeo.

1 Comment Lascia un commento

  1. Non capisco perché prendiate così tanto in considerazione Calenda. Renzi e Magi. Sono tre frustrati che rappresentano poco più dello zero per cento ciascuno, cioè loro stessi e forse neanche tutti parenti, specialmente quelli che li conoscono bene. Imperversano in tv ma evidentemente con scarsi risultati. Non ti curar di loro ma guarda e passa.

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