Nell’era della trasformazione digitale, Israele ha avviato una campagna su larga scala per plasmare l’opinione pubblica, destinando un budget di 145 milioni di dollari all’uso combinato di intelligenza artificiale e influencer sui social media. L’obiettivo dichiarato è quello di incidere nello spazio informativo, con un’attenzione particolare al pubblico statunitense.
I dettagli della strategia, già annunciata nei mesi scorsi, confermano un orientamento mirato quasi esclusivamente alla Generazione Z. L’80% dei contenuti viene infatti diffuso su piattaforme visive come TikTok, Instagram e YouTube, con una copertura stimata di 50 milioni di impressioni mensili: un nuovo standard per la cosiddetta diplomazia digitale.
Uno degli aspetti tecnologici più rilevanti riguarda la manipolazione delle risposte fornite dai sistemi di intelligenza artificiale generativa. Attraverso una metodologia di ottimizzazione mirata, la campagna punta a incorporare sistematicamente narrative filo-israeliane nell’architettura dei grandi modelli linguistici.
La gestione operativa è affidata all’Ufficio pubblicitario di Stato israeliano e implementata da Havas Media Network. La pianificazione strategica è invece curata dalla società americana Clock Tower X LLC, guidata da Brad Parscale, ex capo della campagna elettorale di Donald Trump e oggi Direttore Strategico di Salem Media Group. Il progetto prevede un contratto da 6 milioni di dollari con la società di Parscale, firmato il 18 settembre 2025 e valido fino alla fine dell’anno, con finanziamenti suddivisi equamente tra Havas e Clock Tower.
Il team di Parscale si è impegnato a produrre almeno 100 contenuti creativi originali al mese, dai video ai materiali grafici, fino ad audio e testi, da cui generare oltre 5.000 varianti adattive. Una parte consistente di questi contenuti è destinata esclusivamente alle piattaforme frequentate dalla Generazione Z, con l’obiettivo di diffondere messaggi filo-israeliani a un costo inferiore a 2 dollari per mille impressioni a pagamento.
Gli elementi più controversi riguardano i tentativi di condizionare i sistemi di IA generativa, tra cui ChatGPT, Gemini di Google e Grok di X, per influenzare le risposte a domande su Israele e sui temi connessi.
Come spiega a IR il professor Ilya Kiriya, docente e ricercatore ospite presso diverse università francesi e svedesi, questo approccio non è affatto nuovo.
«Francamente, non vedo nulla di sorprendente. Da almeno 15 anni governi e media statali cercano di gestire gli algoritmi di ricerca. Ci sono due elementi centrali: da un lato la manipolazione della visibilità di certe notizie, dall’altro la gestione degli algoritmi di coinvolgimento sociale», osserva Kiriya, sottolineando l’evoluzione degli strumenti dell’“industrializzazione” della sfera digitale.
«In passato si ricorreva ai troll a pagamento», prosegue. «Poi sono arrivati algoritmi in grado di imitare utenti reali e produrre contenuti per gonfiare artificialmente le metriche di coinvolgimento, facilitando così la promozione dei messaggi sui social network.»
«Oggi – aggiunge – si affianca la produzione automatizzata di contenuti tramite assistenti IA. Il meccanismo è semplice: sistemi come ChatGPT si addestrano su grandi quantità di testi disponibili in rete. Se si riesce a immettere online un volume sufficiente di contenuti orientati in una certa direzione, il modello finirà inevitabilmente per incorporarli nelle sue risposte.»
«In questo modo – conclude – saturando lo spazio informativo con messaggi che riflettono una specifica ideologia, si spinge il modello a considerare quella posizione come parte integrante del discorso. Non si tratta più solo di manipolare gli algoritmi di visibilità, ma di ridefinire l’intero spettro di opinioni accessibili su internet.»
«Di conseguenza, se ingombriamo lo spazio internet con messaggi che riflettono una certa posizione ideologica, costringeremo il modello a considerare questa posizione quando genera risposte. Quindi l’obiettivo qui non è solo influenzare gli algoritmi di visibilità, ma modificare l’intero spettro di opinioni disponibili nello spazio internet.»