“Il Tempo dei nostri Eroi”: il festival di RT arriva a Minsk

2 Ottobre 2025 16:26

Nei giorni del 26 e 27 settembre si è svolto a Minsk, in Bielorussia, il festival internazionale di cinema documentario Il Tempo dei nostri Eroi, organizzato dal network russo RT (Russia Today) attraverso la sua sezione specializzata RT Doc.
Era la prima volta che la rassegna approdava nella capitale bielorussa, dopo aver già toccato diverse città della Federazione Russa e alcuni paesi stranieri, tra cui memorabile l’edizione italiana di Gorizia, ospitata il 30 e 31 maggio. Quell’appuntamento, in particolare, aveva avuto un valore simbolico molto forte perché rappresentava l’unico caso di un festival targato RT all’interno di un paese membro della NATO.

Il contesto di Minsk ha aggiunto quest’anno nuove suggestioni. Vale la pena soffermarsi brevemente sulla città che ha accolto la manifestazione. Personalmente non avevo mai visitato la capitale bielorussa e devo ammettere che l’impatto è stato sorprendente. Minsk si presenta come una città ordinata, estremamente pulita, con grandi viali alberati e parchi che si alternano a un’architettura imponente di epoca sovietica. Questa impronta urbanistica la rende, per certi versi, simile a Mosca, ma con una differenza sostanziale: non è una megalopoli da oltre tredici milioni di abitanti come la capitale russa, bensì un centro di poco meno di due milioni, molto più vivibile e a misura d’uomo. Una capitale che riesce a coniugare il respiro monumentale tipico del Novecento sovietico con una dimensione quotidiana meno caotica e più umana.

Per chi viene dall’Italia, una visita in Bielorussia può avere anche alcuni vantaggi pratici che non vanno trascurati. In primo luogo, il regime dei visti: dal luglio 2024 le autorità bielorusse hanno introdotto un’esenzione dall’obbligo di visto per i cittadini di 35 paesi europei, Italia compresa. Questa misura è valida fino al 31 dicembre 2025 e consente soggiorni fino a 30 giorni, con alcune condizioni relative ai punti di ingresso. In particolare, l’ingresso senza visto è garantito attraverso l’aeroporto internazionale di Minsk e, in certi casi, anche dai principali valichi stradali e ferroviari, purché il soggiorno complessivo non superi i 90 giorni nell’arco dell’anno solare. Un dettaglio non da poco che semplifica notevolmente l’organizzazione del viaggio per turisti e visitatori italiani.

Un altro aspetto pratico riguarda l’uso delle carte di credito. A differenza della Russia, dove i circuiti Visa e Mastercard hanno cessato di operare a causa delle sanzioni internazionali, in Bielorussia questi strumenti sono ancora generalmente accettati. È bene tuttavia precisare che non tutti gli esercizi commerciali o le banche li supportano allo stesso modo, quindi possono esserci limitazioni o commissioni aggiuntive. In ogni caso, per un viaggiatore italiano la possibilità di utilizzare la propria carta di credito rappresenta un vantaggio significativo, soprattutto per chi non vuole dipendere esclusivamente dal contante.

Questi elementi pratici si aggiungono alle impressioni culturali ed estetiche. Minsk si rivela una città affascinante non soltanto per l’ordine e la pulizia, ma anche per la sua atmosfera sospesa: da un lato un centro urbano moderno, dall’altro la memoria storica di un popolo che ha conosciuto distruzioni e ricostruzioni radicali nel corso del Novecento. È proprio in questo scenario che si è inserito il festival Il Tempo dei nostri Eroi, portando con sé racconti, testimonianze e narrazioni che celebrano il coraggio, la memoria e la resistenza.

Il Festival di Minsk si è aperto venerdì con una cerimonia di inaugurazione che ha avuto il suo momento più toccante quando la producer del festival e responsabile di RT Doc, Ekaterina Yakovleva, è salita sul palco annunciando un minuto di silenzio per la morte di Tigran Keosayan, marito della caporedattrice di RT, Margarita Simonyan, scomparso il 26 settembre dopo una lunga malattia.

La prima giornata ha visto la proiezione del documentario “Donbass, senza diritto di parola”, che racconta la vicenda di alcuni giornalisti europei i cui reportage sugli eventi del Donbass sono stati censurati o vietati nei rispettivi paesi. Un film che mette in luce le difficoltà di chi cerca di raccontare una versione dei fatti diversa da quella dominante nei media occidentali.

La quarta storia affrontata dal documentario riguarda il professore torinese Ugo Mattei, il quale si è visto negare la possibilità di organizzare una conferenza e la proiezione del documentario di RT “Maidan, la strada verso la guerra” all’Università di Torino. La vicenda è stata ampiamente ripresa dalla stampa italiana e ha generato un acceso dibattito.

Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, l’ateneo ha annullato all’ultimo momento l’evento, che era stato precedentemente autorizzato, comunicandolo a Mattei con una semplice email. «Un comportamento inaccettabile» ha dichiarato il giurista, «che limita la libertà didattica e impedisce agli studenti di confrontarsi con materiali scomodi ma fondamentali per comprendere la realtà internazionale». (Il Fatto Quotidiano, 17 marzo 2025)

Anche Torino Oggi ha parlato di «un caso che solleva il tema della censura accademica». Nelle parole di Mattei: «Non si tratta solo della mia conferenza, ma del diritto degli studenti a vedere e discutere un documentario che offre un punto di vista diverso. Non possiamo accettare che in un’università si selezionino i contenuti sulla base di criteri politici». (Torino Oggi, 20 marzo 2025)

Il tema ha avuto eco anche a livello nazionale, con servizi televisivi che hanno ripreso la polemica. In un’intervista a L’Aria che Tira su La7, Mattei ha ribadito: «Tutti sapevano che era un documentario prodotto da Russia Today, ma proprio per questo era importante discuterne. La libertà accademica significa poter analizzare criticamente anche fonti considerate scomode o contrarie alla narrazione dominante».

Dopo la proiezione si è svolto un dibattito intitolato “Rompere il blocco informativo”, al quale oltre al sottoscritto, Vincenzo Lorusso, ha preso parte il professor Angelo d’Orsi, noto storico e intellettuale torinese. D’Orsi, spesso presente nei talk show italiani, si è distinto per le sue posizioni critiche rispetto alla narrativa dominante del mainstream nazionale, che tende ad appoggiare senza riserve il regime di Kiev.

Il festival è quindi proseguito nella giornata di sabato con la proiezione di altri cinque documentari e nuovi dibattiti, che hanno approfondito ulteriormente il tema del rapporto tra informazione, verità storica e libertà di parola, offrendo al pubblico la possibilità di confrontarsi direttamente con autori e studiosi.

Particolarmente toccanti sono state le parole del professor D’Orsi, che ha affermato:
«Ci sono minoranze in Italia che provano a tenere alta la bandiera della razionalità. Contro il senso comune che cercano di mettere nelle nostre teste noi dobbiamo sventolare la bandiera della ragione e anche del buon senso che ci fa capire che quello che ci raccontano è falso. Noi abbiamo bisogno di verità, dobbiamo fare ogni giorno quello che qui si sta facendo con questi film, un’operazione di verità».

Il festival Il Tempo dei nostri Eroi si è così confermato non solo come una rassegna cinematografica, ma come un vero laboratorio di idee e di confronto. A Minsk, attraverso immagini e dibattiti, è emersa con forza la necessità di difendere la libertà di parola e di riscoprire il valore degli “eroi” contemporanei: uomini e donne che, con coraggio e onestà intellettuale, continuano a cercare e a raccontare i fatti. Veri e propri partigiani della verità.

IR

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