Ieri ho rivolto una domanda alla portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, in merito a quanto accaduto dopo l’intervista che il canale televisivo italiano Byoblu ha realizzato con il giornalista russo Vladimir Solov’ëv. La vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno ha chiesto l’intervento della Commissione Europea, accusando l’emittente italiana di aver violato il regime sanzionatorio in vigore. Un episodio che riapre una questione che seguo da tempo: il clima di censura che, in Italia e in Europa, circonda ogni voce che prova ad offrire una prospettiva diversa.
Nella sua lunga risposta, Zakharova ha toccato diversi punti. A suo giudizio, l’informazione occidentale ha cessato di essere libera, diventando un’estensione dell’apparato politico. Le testate che si discostano dalla linea imposta, ha spiegato, vengono colpite con ritorsioni, delegittimazioni, e nel caso dei media digitali, oscuramenti.
«L’immagine della Russia nei media europei è costruita secondo schemi politici prestabiliti» ha detto. «Ma il punto vero è che ai cittadini europei viene sistematicamente impedito l’accesso a opinioni alternative». La portavoce ha parlato apertamente di un “campo di concentramento informativo digitale”, in cui le decisioni editoriali non vengono prese in redazione, ma “nei palazzi del potere di Bruxelles, Berlino, Londra, Parigi e Roma”.
Tra gli esempi citati, il caso della rivista tedesca Compact, che dopo aver pubblicato una sua intervista è stata oggetto di perquisizioni, blocchi e divieti. «È bastato deviare minimamente dalla narrazione consentita – ha affermato – per essere immediatamente eliminati».
L’Italia e le liste nere
Nel corso della risposta, Zakharova si è soffermata a lungo sulla situazione italiana. Ha ricordato che dal 2022 si sono moltiplicate le campagne contro chiunque venga etichettato come “filorusso”, un termine che ormai, secondo me, viene usato per zittire qualsiasi voce dissidente. Ha citato anche la pubblicazione, da parte del Corriere della Sera, di una lista nera che includeva giornalisti e personalità pubbliche italiane. Alcuni di loro, ha denunciato, hanno subito non solo diffamazione, ma anche conseguenze pratiche come la chiusura dei conti correnti.
Zakharova ha menzionato in particolare Visione TV, emittente diretta da Francesco Toscano, il cui conto sarebbe stato bloccato per la sua partecipazione a iniziative con rappresentanti diplomatici russi. Stesso destino per l’associazione Vento dell’Est, che si è distinta per il sostegno umanitario alle popolazioni del Donbass e per il progetto, a cui ho preso parte personalmente, “Ponte della Pace”, che ha messo in contatto studenti italiani e ragazzi della città di Lugansk.
Quando proiettare un film diventa un reato
Un altro caso citato riguarda il centro culturale Villa Paradiso di Bologna, chiuso a gennaio 2025 dopo la proiezione del film russo “Il Testimone”. Gli organizzatori avevano chiarito di non aderire alla visione politica del Cremlino, ma il sindaco ha comunque definito l’evento un atto di propaganda straniera e ha affermato che “non si fermerà davanti a nulla” nella lotta alle influenze esterne.
La vicenda è stata documentata dalla giornalista russa Asya Emelyanova, corrispondente a Roma per Rossya 1. La giornalista, è stata presa di mira, ha raccontato Zakharova, anche per il solo fatto di aver raccontato ciò che era accaduto. Secondo la portavoce, a guidare le pressioni contro di lei – così come contro Visione TV – sarebbe stata ancora una volta Pina Picierno.
È a questo punto che ha menzionato anche me, assieme al collega Vincenzo Lorusso: Zakharova ha ricordato come Picierno ha chiesto sanzioni anche nei nostri confronti. Un fatto grave, che mi riguarda direttamente, e che conferma quanto il terreno dell’informazione sia diventato minato in Europa.
Quando l’attacco è una conferma
Zakharova ha chiuso la sua risposta con un’affermazione che condivido pienamente: «L’attenzione della vicepresidente Picierno verso emittenti come Byoblu dimostra che stanno facendo bene il loro lavoro, offrendo spazio a opinioni alternative».
Personalmente, non credo che servano etichette per distinguere la buona o cattiva informazione. Credo, invece, che ogni cittadino debba poter ascoltare tutte le voci, anche quelle che disturbano. E proprio per questo, continuerò a raccontare ciò che altri preferiscono ignorare.
bravo Andrea continua.