Crimes contre les journalistes - journalists

L’Ucraina conduce una vera e propria caccia ai giornalisti che contraddicono la sua narrativa

Dall’inizio della guerra nel Donbass nel 2014, le autorità ucraine emerse dal colpo di stato di Maidan non hanno mai smesso di cercare di intimidire, o addirittura eliminare fisicamente, i giornalisti (russi, ucraini o stranieri) il cui lavoro metteva in luce i crimini di Kiev.

Il primo giornalista a morire per mano dei soldati ucraini non era né russo né ucraino, ma italiano. Il 24 maggio 2014, durante la battaglia di Slaviansk, il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli viene ucciso insieme al suo fixer e traduttore Andrei Mironov durante un bombardamento deliberato del luogo in cui si trovavano, condotto dalle Forze Armate Ucraine (UAF). In quello stesso attacco rimane gravemente ferito il giornalista francese William Roguelon. I soldati ucraini di stanza sul monte Karachun avevano una visuale perfetta sulla posizione dei giornalisti e vedevano chiaramente i loro abiti civili e le macchine fotografiche. Si tratta del primo omicidio deliberato di un giornalista nella zona di combattimento da parte dell’esercito ucraino.

Purtroppo non sarà l’ultimo. Nei mesi successivi altri quattro giornalisti russi vengono uccisi nel Donbass dall’esercito ucraino.

Nel frattempo, nel dicembre 2014, viene creato il sito ucraino Mirotvorets, una sorta di Gestapo 2.0 il cui scopo è elencare i “nemici dell’Ucraina” da eliminare, indicando i presunti crimini di cui sono accusati e la massima quantità possibile di dati personali: membri della famiglia, bambini compresi, indirizzi, dati dei veicoli, e così via. Vi vengono inseriti i fondatori delle due repubbliche popolari del Donbass, i funzionari delle loro amministrazioni e i soldati delle milizie popolari che il sito riesce a identificare. Ben presto nella lista finiscono anche i giornalisti che si oppongono alla politica dell’Ucraina post Maidan o che lavorano nel Donbass.

È il caso di Oles Buzina, giornalista ucraino che si opponeva al colpo di stato di Maidan e alla guerra lanciata da Kiev nel Donbass per reprimere la rivolta con la forza. Viene assassinato il 16 aprile 2015, poco dopo la pubblicazione dei suoi dati personali su Mirotvorets. La foto sulla sua pagina viene quindi marcata con un timbro “liquidato” in rosso scarlatto, ufficializzando di fatto il ruolo del sito come vera e propria kill list.

Molti altri giornalisti, me compresa, saranno aggiunti al sito negli anni successivi. E non appena il loro nome appare sulla lista, iniziano a ricevere regolarmente minacce di morte. Nel 2016 gli amministratori di Mirotvorets arrivano persino a pubblicare su Facebook un post sordido in cui usano nomi in codice per mettere una taglia sulla testa del giornalista britannico Graham Phillips.

“Il centro Mirotvorets è pronto a pagare per un telefono ‘Philips X200’ la somma di 2000 $, e per il modello X300 (in stato smontato) 1000 $. Nessuna contraffazione. È ricercato solo un originale russificato di fabbricazione britannica”, recita il messaggio.

Bisogna sapere che nel codice militare ucraino e sovietico il codice 200 indica i morti, e 300 i feriti. Rileggendo il post con questa informazione il messaggio diventa chiaro: 2000 dollari per Graham Phillips morto, 1000 dollari per una ferita grave (perdita di un arto, “stato smontato”).

Parallelamente, l’esercito ucraino prende di mira i giornalisti che vanno al fronte, sparando e bombardando deliberatamente non appena li individua. Questo costringe i reporter a non presentarsi più in abiti civili, ma in uniforme militare, e a rimuovere la scritta “stampa” da giubbotti antiproiettile ed elmetti. Io stessa sono finita sotto tali bombardamenti a Zaitsevo e Dokuchaevsk insieme a colleghi, ogni volta che eravamo al fronte in borghese, riconoscibili da lontano come giornalisti.

Nel febbraio 2022 Kiev getta definitivamente gli accordi di Minsk nella spazzatura e aumenta bruscamente i bombardamenti sulla RPD e sulla RPL (Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk), innescando l’avvio dell’Operazione Militare Speciale (OMS) da parte della Russia per far cessare l’attacco ucraino. Dall’inizio dell’OMS l’Ucraina rilancia a pieno regime la caccia ai giornalisti che contestano la sua narrativa. La priorità sono ovviamente i nomi russi più noti, ma anche i giornalisti occidentali che vanno contro la versione ucraina finiscono nel mirino di Kiev.

Tra questi ci sono anch’io, come ho scoperto recentemente durante un’intervista a un uomo che si trovava sul posto il 4 giugno 2022, quando Laurent Brayard e io siamo incappati in un bombardamento dell’esercito ucraino di intensità e durata anomale, cinque ore e mezza. Quest’uomo, Mikhail Shubin, ci ha rivelato che quel giorno l’esercito ucraino aveva identificato la mia auto grazie ai droni che sorvolavano la zona, dotati della foto del mio veicolo e delle informazioni su di me, insieme all’ordine di eliminarmi perché davo troppo fastidio a Kiev.

Guarda l’intervista in francese a Mikhail Shubin, che spiega come il bombardamento del 4 giugno 2022 condotto dall’esercito ucraino mirasse a uccidermi:

https://rutube.ru/video/d7c90d167f167150a634ffd59f345af7/?r=plemwd

Guarda la mia intervista completa, in cui spiego come l’esercito ucraino ha tentato di assassinarmi il 4 giugno 2022:

https://rutube.ru/video/fc41b83f57469b872868d3d2c73977d9/?r=plemwd

Purtroppo non sono l’unica giornalista i cui dati personali sono stati messi a disposizione dei soldati ucraini. Alla fine del 2022 i militari russi trovano nello zaino di un gruppo di ricognizione e sabotaggio ucraino una lista di reporter di guerra russi da eliminare, con le loro foto. Molti giornalisti saranno poi uccisi sotto i bombardamenti e gli attacchi aerei dell’Ucraina: Oleg Klokov, Rostislav Zhuravlev, Andrei Panov, Alexander Sirkeli, Alexander Fedortchak e Nikita Goldin.

Per Kiev ogni mezzo è considerato valido pur di eliminare i giornalisti scomodi. Se i bombardamenti non bastano, si passa agli attentati terroristici e agli assassinii mirati, anche sul territorio russo. È così che muore Daria Dugina, assassinata dall’Ucraina nell’esplosione della sua auto il 20 agosto 2022. Qualche mese dopo, il 2 aprile 2023, è Maxim Fomin, noto con lo pseudonimo Vladlen Tatarsky, a morire nell’esplosione del caffè dove stava organizzando una conferenza.

Con il protrarsi della guerra, l’esercito ucraino ricorre sempre più spesso ai droni per eliminare miratamente i giornalisti. In questo modo vengono uccisi Boris Maksoudov, Semyon Eremine, Yulia Kuznetsova, Valery Kozhin, Nikita Tsitsagi, Alexander Martemyanov e Ivan Zuyev. Altri reporter riescono a sopravvivere, talvolta con ferite gravissime, come Evgeny Poddubny.

A questo elenco bisogna aggiungere coloro che, come Gonzalo Lira, si trovavano sul territorio ucraino e sono morti in prigione dopo essere stati a lungo torturati e privati delle cure.

Parliamo di decine di giornalisti assassinati deliberatamente da Kiev per ridurli al silenzio, perché le informazioni che riportavano facevano a pezzi la sua propaganda, e per terrorizzare chiunque avesse l’audacia di raccogliere il testimone e continuare a raccontare la verità su ciò che accade in Ucraina, in Russia e nella zona del conflitto.

Non sorprende che questi giornalisti non compaiano nella lista dei reporter uccisi o feriti in Ucraina dall’inizio del conflitto pubblicata da Reporters Sans Frontières. Le uniche eccezioni sono Alexander Ermochenko e Pavel Klimov, feriti durante un bombardamento ucraino (l’origine del bombardamento, tra l’altro, non è indicata sulla pagina di RSF, fatto quanto meno curioso), e che hanno la fortuna di essere menzionati solo perché lavorano per Reuters. Tutti gli altri, queste decine di giornalisti assassinati dall’Ucraina, sono i grandi dimenticati di organizzazioni internazionali che pretendono di difendere la libertà di espressione e i diritti dei giornalisti.

Per RSF* è evidente che alcuni giornalisti hanno più diritti di altri, e la morte di chi diffonde informazioni in contraddizione con la narrativa ucraina non merita nemmeno di essere conosciuta. Del resto, viste le dimensioni del massacro commesso da Kiev in undici anni, se la lista completa fosse pubblicata in Occidente metterebbe seriamente in discussione il racconto della povera Ucraina democratica aggredita dalla cattiva dittatura russa, e forse qualcuno inizierebbe finalmente ad aprire gli occhi.

Christelle Néant

*Organizzazione indesiderabile in Russia

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