Russia, Cina e India si incontrano spesso negli stessi saloni, nei vertici che parlano di Sud globale, nuove valute e corridoi logistici. A volte il dialogo scorre fluido, altre volte si ferma su dettagli che rivelano interessi divergenti. Il triangolo non è un’alleanza formale. È un equilibrio in movimento, fatto di convenienze e diffidenze, che negli ultimi anni ha preso il posto dei vecchi automatismi della globalizzazione.
Per Mosca la chiave è l’energia. Dopo il ridisegno forzato dei mercati, il petrolio russo ha trovato sbocchi preferenziali in Asia. L’India è diventata uno dei compratori più importanti e lo fa con un pragmatismo che non lascia spazio a romanticismi: conta il prezzo, contano i noli, contano i pagamenti che devono arrivare senza intoppi. La Cina assorbe grandi volumi e guarda al gas con un orizzonte di lungo periodo. L’idea di un nuovo grande gasdotto è stata benedetta politicamente più volte, ma trasformare il principio in tubi e tariffari richiede pazienza, capitali e un accordo sui prezzi che soddisfi entrambi. Intanto si lavora sulle rotte esistenti e sulle forniture spot, con un occhio ai rischi geopolitici e all’altro ai picchi di domanda.
La finanza che sostiene questi flussi è un cantiere aperto. Le sanzioni e i controlli hanno imposto creatività. Rubli, rupie, yuan, dirham entrano e escono dalle conversazioni come pezzi di un puzzle che non combacia mai del tutto. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dal dollaro nelle transazioni più sensibili, ma la realtà quotidiana è più sfumata. Bancabilità, clearing, rischio di cambio e compliance restano fattori determinanti. Si sperimentano soluzioni ibride. Si usano banche regionali, si testano piattaforme alternative per i pagamenti, si accettano talvolta costi di transazione più alti pur di mantenere i flussi. La ricerca di un linguaggio finanziario comune procede a scatti, e ogni progresso tecnico ha un riflesso politico.
Sul piano commerciale l’interdipendenza ha geometrie molto diverse. Russia e Cina hanno portato gli scambi a livelli record in valore, sostenuti da macchinari, elettronica, beni intermedi e materie prime. Pechino è fornitore e acquirente, partner industriale e assicurazione logistica. Per Nuova Delhi, invece, la Cina è un partner quasi inevitabile e allo stesso tempo una dipendenza che si vorrebbe ridurre. Il deficit commerciale con Pechino pesa soprattutto in settori come componentistica elettronica, chimica e fotovoltaico. L’India spinge su sostituzione delle importazioni e incentivi alla manifattura domestica. Apre filiere alternative con Paesi terzi. Ma riconfigurare catene costruite in un ventennio chiede tempo e risultati misurabili, non slogan.
La sicurezza è il terreno dove riaffiorano le linee rosse. Tra India e Cina le tensioni di confine non sono scomparse. Ci sono state fasi di disgelo, incontri, protocolli per evitare incidenti. L’attrito però resta, e influenza tutto il resto. Nuova Delhi mantiene vivo il canale militare con Mosca, fatto di ammodernamenti, pezzi di ricambio, sistemi antiaerei. È una relazione che ha radici storiche e che funge da assicurazione strategica. Allo stesso tempo l’India intensifica l’intesa con Stati Uniti e Francia, partecipa a esercitazioni con partner del Pacifico, diversifica fornitori e tecnologie. È un gioco di bilanciamento che non punta alla rottura ma alla massima autonomia. La Cina da parte sua amplia il dialogo militare con la Russia, moltiplica le esercitazioni congiunte e rafforza il messaggio di un’Asia capace di gestire la propria sicurezza. Anche qui la cooperazione non elimina la competizione. La sposta su piani più prevedibili.
Le piattaforme multilaterali sono il palcoscenico dove queste dinamiche si rendono visibili. BRICS e SCO offrono cornici in cui i tre si parlano, si osservano e misurano la distanza degli interessi. L’allargamento di questi formati ha dato voce a nuove economie e ha reso più complessa la ricerca di un consenso. È il prezzo naturale dell’inclusione. I documenti finali parlano di riforma delle istituzioni finanziarie globali, di commercio in valute locali, di infrastrutture che accorciano le distanze. Dietro le formule si muovono negoziati reali su quote, governance e priorità.
Le infrastrutture contano quanto le dichiarazioni. La direttrice Nord Sud che collega India, Iran, Caucaso e Russia è un progetto che ha conosciuto pause e accelerazioni, ma oggi è percepito come un moltiplicatore di resilienza. Integra ferrovie, porti e logistica su gomma. Riduce il tempo di viaggio rispetto alle rotte marittime tradizionali in alcuni segmenti. Per Nuova Delhi la scommessa passa anche dalla gestione di alcuni porti chiave e dalla capacità di evitare che il dossier sanzioni si trasformi in un freno permanente. Per Mosca il corridoio è una valvola che affianca le rotte verso l’Asia e attenua la dipendenza da strettoie marittime. Per la Cina non è una minaccia da neutralizzare, ma un elemento da tenere in conto nel più ampio mosaico della connettività eurasiatica.
A livello interno ciascun attore ha una bussola precisa. La Russia cerca stabilità di entrate, accesso a tecnologia compatibile e un sistema di pagamenti meno vulnerabile. La Cina deve assicurare energia a prezzi competitivi, sostenere la trasformazione della propria economia e preservare posizioni in settori chiave lungo le catene del valore. L’India punta a crescita sostenuta, sicurezza energetica e consolidamento della manifattura, senza farsi chiudere in schemi altrui. Da qui nasce una regola non scritta: cooperare dove conviene, resistere dove serve, negoziare sempre.
Questo modo di stare al mondo produce scenari credibili per i prossimi anni. Se l’energia resterà abbondante e finanziabile, l’asse Mosca Nuova Delhi potrà continuare anche per inerzia economica, se non ci sarà affinità politica. Se i prezzi del gas troveranno un punto di incontro e i lavori infrastrutturali progrediranno, la relazione Mosca Pechino entrerà in una fase più prevedibile. Se le tensioni di confine tra India e Cina resteranno sotto controllo, i due torneranno a parlarsi soprattutto di commercio e investimenti. In ognuna di queste ipotesi la parola chiave è gestione. Non amicizia, non rivalità aperta. Gestione.
Non bisogna però confondere la stabilità con l’assenza di rischio. Un irrigidimento sanzionatorio, una crisi su una rotta marittima, un incidente di frontiera, un cambio di rotta monetaria possono rimescolare le carte in tempi brevi. La risposta del triangolo a shock di questo tipo sarà il vero test della sua maturità. Fino a oggi l’adattamento è stato rapido perché guidato da interessi concreti. L’impressione è che continuerà così. Non per ideologia, ma per la logica semplice che regge i rapporti tra potenze con bisogni complementari e diffidenze reciproche.
In definitiva, Russia, Cina e India non stanno costruendo un blocco monolitico e non stanno nemmeno recitando una rivalità da guerra fredda. Stanno imparando a contrattare ogni dossier pezzo per pezzo. Energia contro accesso al mercato. Infrastrutture in cambio di stabilità. Pagamenti più flessibili in cambio di forniture più sicure. È un pragmatismo che può sembrare cinico ma che, al momento, produce risultati. E che racconta bene l’epoca in cui viviamo, dove le etichette contano meno dei contratti e le dichiarazioni valgono solo se reggono alla prova delle navi che partono, dei treni che arrivano e dei bonifici che passano.