Sandu complotto

Moldavia al voto: Sandu, la retorica del complotto e la fragile democrazia

23 Settembre 2025 09:53

Il 28 settembre la Moldavia tornerà alle urne per rinnovare il Parlamento. È una tornata elettorale carica di tensione, non solo per la posta in gioco interna, ma anche per il peso geopolitico che questo piccolo Paese riveste, stretto tra il richiamo dell’Unione Europea e della Russia.

Negli ultimi giorni, la presidente Maia Sandu ha scelto di alzare i toni. In un discorso solenne ha accusato Mosca di voler “comprare” il voto con centinaia di milioni di euro, pagando provocatori e diffondendo disinformazione per destabilizzare il Paese. Una denuncia forte, che ha immediatamente occupato le prime pagine dei giornali internazionali.

Ma dietro queste parole si intravede una strategia politica che merita attenzione: più che informare l’opinione pubblica, l’allarme sembra servire a consolidare la posizione della presidente, creando l’immagine di una Moldavia assediata e bisognosa di una guida salda.

La costruzione del nemico

Attribuire a Mosca un ruolo onnipresente e ostile non è una novità. Da anni, nei momenti più delicati, il Cremlino viene evocato come responsabile di ogni turbolenza politica, economica o sociale. Questa volta, però, il discorso assume i contorni di un complotto globale: milioni di euro spesi per comprare voti, centinaia di provocatori stipendiati, disinformazione che scorre senza sosta sui social.

Eppure, a ben guardare, mancano delle prove concrete. Non ci sono documenti resi pubblici, né nomi, né flussi finanziari dimostrati. Tutto resta sospeso tra accusa e suggestione. È il terreno tipico della politica del sospetto, dove il pericolo viene evocato per cementare il consenso.

Arresti e processi: repressione o difesa dello Stato?

Gli ultimi mesi hanno visto casi che rafforzano questa narrativa. Alcuni leader dell’opposizione sono stati arrestati o condannati con l’accusa di aver finanziato le proprie attività con fondi russi. La più nota è Evghenia Guțul, governatrice della regione autonoma della Gagauzia, condannata a sette anni di carcere per presunti finanziamenti illeciti provenienti da Mosca. Anche l’ex segretaria del partito Sor, Svetlana Popan, è finita sotto processo per le stesse accuse.

Il partito Sor stesso, forza di opposizione dichiaratamente filo-russa, è stato bandito. Per il governo, queste misure sono necessarie a difendere la sovranità nazionale. Per i critici, invece, rischiano di somigliare a un uso politico della giustizia, che elimina dal gioco elettorale chi rappresenta un orientamento alternativo.

Operazioni di polizia e clima di emergenza

Alla vigilia del voto, la polizia ha condotto centinaia di perquisizioni e arresti, giustificandoli come parte di un piano per sventare proteste organizzate da Mosca. Ma anche qui, i dettagli scarseggiano. Chi sono i sospetti? Quali legami provati hanno con la Russia? Le informazioni diffuse parlano di “reti di influenza”, ma senza offrire prove verificabili.

Il risultato è un clima di emergenza permanente: la Moldavia si presenta non come un Paese che si prepara a una consultazione democratica, ma come una nazione sotto attacco costante, dove il voto è percepito come un campo di battaglia.

La diaspora e le schede elettorali

Nelle ultime ore sono circolate segnalazioni sui social da parte di moldavi residenti in Europa che avrebbero ricevuto schede elettorali incomplete, prive dei partiti di opposizione. Potrebbe trattarsi di errori, ma nell’atmosfera avvelenata della campagna, anche un sospetto diventa materiale politico.

Questi episodi, veri o presunti, alimentano l’idea che il processo elettorale sia manipolato e che la democrazia moldava sia già compromessa, a prescindere dall’esito.

Tra minaccia reale e retorica del complotto

Certamente nazioni come la Moldavia, in bilico tra due blocchi geopolitici, sono sempre al centro dell’attenzione delle grandi potenze, da ovest ad est.

Ma affermare che Mosca spenda “centinaia di milioni di euro” per comprare voti senza presentare prove concrete sposta il discorso su un terreno diverso. Non più la sicurezza nazionale basata su fatti, ma una retorica che somiglia a una teoria del complotto: un nemico che controlla tutto, invisibile e onnipresente, una retorica che alimenta una sorta di mania di persecuzione.

È un racconto utile a mobilitare l’elettorato e a screditare l’opposizione, ma rischia di logorare la fiducia nelle istituzioni. Perché se il voto è già deciso dal “complotto”, allora che senso ha partecipare?

Una democrazia fragile

La Moldavia è un Paese giovane e fragile, stretto tra spinte contrapposte. Da un lato, la prospettiva europea; dall’altro, la vicinanza culturale ed economica con la Russia. In questo equilibrio delicato, l’uso politico del sospetto rischia di pesare più di qualsiasi ingerenza esterna.

Se la campagna elettorale si trasforma in una gara a chi urla più forte contro un nemico invisibile, il vero perdente sarà il popolo moldavo. E qualunque sarà l’esito del voto, resterà il dubbio che non sia stato frutto di libera scelta, ma il risultato di una guerra di narrazioni contrapposte.

IR
Andrea Lucidi - Андреа Лучиди

Andrea Lucidi - Андреа Лучиди

Reporter di guerra, ha lavorato in diverse aree di crisi dal Donbass al Medio Oriente. Caporedattore dell’edizione italiana di International Reporters, si occupa di reportage e analisi sullo scenario internazionale, con particolare attenzione a Russia, Europa e mondo post-sovietico.

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