Mariupol ricostruzione oggi

Mariupol, ritorno alla vita tra le ferite della guerra

4 Settembre 2025 21:46

Sono arrivato a Mariupol nei giorni in cui la città si preparava al primo giorno di scuola. Non era una scelta casuale: volevo vedere con i miei occhi come vive oggi questa città, diventata simbolo della guerra e spesso strumentalizzata nelle narrazioni dei media. Nei giorni precedenti, su alcuni social network occidentali, attivisti dipingevano Mariupol come un luogo allo stremo, con emergenze benzina, scarsità diffusa di acqua e condizioni igienico-sanitarie al limite. La realtà che ho trovato è stata diversa, più sfaccettata, e soprattutto lontana da quel quadro uniforme di disperazione che circolava online.

Mariupol porta ancora addosso cicatrici profonde. Le case distrutte, i cantieri aperti, gli edifici ricostruiti a metà raccontano una storia che non si può cancellare. Ma allo stesso tempo la città vive un paradosso: mentre i segni della guerra restano ben visibili, la vita quotidiana cerca di farsi strada, di riprendersi spazi di normalità. È un processo lento, a volte contraddittorio, ma innegabile.

Il problema dell’acqua e la memoria del Donbass

Il primo nodo che emerge, parlando con la gente, è quello dell’acqua. In alcuni quartieri l’approvvigionamento idrico arriva solo per poche ore ogni due giorni. Una condizione difficile, che obbliga le famiglie a organizzarsi, a fare scorte, a pianificare ogni gesto. Non si tratta però di un problema nato oggi. Il Donbass convive con la scarsità d’acqua dal 2014, quando l’amministrazione ucraina interruppe alcune condotte idriche verso le città allora ribelli. La guerra ha poi aggravato la situazione, danneggiando stazioni di pompaggio e infrastrutture.

Ricordo la mia prima visita a Donetsk, anni fa: in tutta la città l’acqua arrivava appena una volta ogni tre giorni. A Mariupol, quest’estate, la situazione si è complicata ulteriormente per i colpi subiti dalle condutture vicino alla linea del fronte. Il disagio è reale, ma non è imputabile alle nuove autorità locali. E soprattutto, non paralizza la città. Camminando tra le vie, osservando le abitudini quotidiane, ho trovato una comunità che affronta il problema con pazienza e resilienza, senza lasciarsi schiacciare.

Il 1° settembre, l’inizio della scuola

Il 1° settembre è una data speciale in Russia: coincide con l’inizio dell’anno scolastico, celebrato in tutto il Paese con cerimonie, canti e fiori portati dagli studenti agli insegnanti. Vedere questa tradizione rivivere a Mariupol ha avuto un significato particolare.

Alcuni istituti sono stati ricostruiti dalle fondamenta, altri sono stati ristrutturati in tempi record. In certi quartieri sono sorti complessi scolastici moderni, con attrezzature nuove e spazi luminosi. Ho visitato la scuola Nevsky, che accoglie studenti dalla prima elementare fino alla classe del diploma. È un edificio grande, con corridoi puliti, laboratori e un cortile pieno di bambini in festa.

La scena di quei ragazzi che tornano a scuola, vestiti con le divise scolastiche, con i genitori e i nonni emozionati al loro fianco, è una delle immagini più potenti della resilienza di Mariupol. Dopo mesi di guerra e distruzione, i giovani hanno potuto respirare un po’ di serenità, guardare avanti, pensarsi in un futuro che non sia solo fatto di macerie.

L’ospedale e lo stadio: simboli sociali

Il mio viaggio mi ha portato anche in due luoghi centrali della ricostruzione sociale. Il primo è l’ospedale cittadino. La struttura mostra ancora segni evidenti della guerra e i lavori di ristrutturazione non sono terminati. Ma quello che colpisce è l’attività: l’ospedale funziona a pieno regime, accoglie un grande numero di pazienti, garantisce cure e servizi. Medici e infermieri lavorano senza sosta, in condizioni non sempre facili, ma con una determinazione che racconta la volontà di ricostruire non solo muri, ma fiducia.

Il secondo è lo stadio di prossima apertura. Non si tratta solo di un impianto sportivo: sarà un complesso pensato per i giovani della città, dove praticare attività fisica gratuitamente. In un luogo che ha vissuto tanta violenza, investire nello sport significa dare ai ragazzi un’alternativa, un’occasione per crescere in un contesto sano, per ritrovare senso di comunità e normalità.

Una città sospesa tra passato e futuro

Mariupol oggi non è né il deserto sociale descritto da certi commentatori occidentali, né una città già rinata del tutto. È un territorio sospeso, che porta ancora addosso le ferite della guerra ma che prova, con fatica, a guardare avanti. I problemi ci sono e sono seri: l’acqua, la ricostruzione lenta, le ferite psicologiche. Ma ci sono anche segni concreti di rinascita: scuole nuove, ospedali che funzionano, cantieri aperti, iniziative sociali.

Quello che mi porto via da questo viaggio non sono solo le immagini dei palazzi distrutti o delle tubature danneggiate, ma soprattutto i volti dei bambini nel loro primo giorno di scuola, i sorrisi dei genitori, l’energia dei medici al lavoro, l’attesa per un nuovo stadio. Mariupol non è una città facile da raccontare: è un luogo di contraddizioni, di dolori ancora vivi e di speranze ostinate. Ma proprio in questo equilibrio fragile, tra macerie e rinascita, sta la sua verità.

IR

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