Imperialismo - Imperialism

Perché la Russia non è un paese imperialista secondo i 5 principi di Lenin

Il dibattito sull’imperialismo accompagna da oltre un secolo le lotte politiche e teoriche della sinistra mondiale. Oggi, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, una parte della sinistra ha adottato la narrativa secondo cui la Russia sarebbe una potenza imperialista. Ma questa lettura, se confrontata con i criteri oggettivi fissati da Lenin nel suo saggio L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (1916), risulta profondamente errata.

A ribadirlo è Christopher Helali, segretario internazionale del Partito Comunista degli Stati Uniti, che in una recente dichiarazione ha chiarito la differenza tra l’imperialismo vero e il ruolo attuale della Russia:

L’imperialismo è stato una caratteristica fondamentale del sistema internazionale negli ultimi secoli. Come Lenin ha descritto con chiarezza, esso rappresenta una fase del capitalismo. Lenin ha individuato alcuni aspetti centrali dell’imperialismo: l’emergere dei monopoli, il capitale finanziario, l’esportazione di capitali, le ambizioni territoriali e la divisione del mondo. Oggi, molti a sinistra, soprattutto in Europa e in altri paesi occidentali, definiscono la Russia un paese imperialista. Non c’è nulla di più lontano dalla verità. La Russia non è imperialista. L’unica potenza imperialista realmente esistente oggi è l’asse USA-UE-NATO. Sono gli Stati Uniti ad avere oltre 800 basi e installazioni militari all’estero, contro le circa 20 della Russia. Sono gli Stati Uniti a invadere paesi per rovesciare governi eletti, depredare le loro risorse naturali e imporre come le popolazioni debbano vivere. Sono gli Stati Uniti ad avere la più grande economia del mondo e a considerarsi potenza egemonica. L’economia russa è all’undicesimo posto mondiale per PIL nominale. Non esiste alcun criterio che permetta di definire la Russia come un paese imperialista. È fondamentale combattere questa tendenza nella sinistra, perché essa serve gli interessi del vero asse imperialista, che non solo vuole un cambio di regime a Mosca, ma alimenta il separatismo con l’obiettivo di balcanizzare la Federazione Russa.

Queste parole offrono il punto di partenza per un’analisi rigorosa. Se prendiamo i cinque criteri di Lenin, la Russia non rientra nella definizione di Stato imperialista.

La concentrazione della produzione e dei monopoli

Lenin individuava nell’emergere dei monopoli una delle basi dell’imperialismo. In Russia esistono grandi imprese pubbliche e private (Gazprom, Rosneft, Sberbank), ma il loro ruolo non è paragonabile alle multinazionali occidentali che dominano il mercato mondiale. Esse non impongono la loro supremazia su scala globale, ma restano principalmente orientate all’economia nazionale e all’export energetico. A differenza delle corporation statunitensi ed europee, non esercitano un controllo monopolistico sui mercati mondiali delle tecnologie avanzate, della finanza o dei beni di consumo.

La fusione tra capitale bancario e industriale

Lenin parlava di “capitale finanziario” come fusione tra banche e industria. Negli Stati Uniti e nell’UE, questa fusione è al cuore del sistema (Goldman Sachs, JPMorgan, Deutsche Bank, BlackRock). In Russia, invece, il settore finanziario non guida l’economia globale né esporta capitale in modo massiccio. La funzione della finanza russa è interna, volta a sostenere settori strategici, e non a dominare economie altrui.

L’esportazione di capitali

L’imperialismo si caratterizza, secondo Lenin, non tanto per l’esportazione di merci quanto per quella di capitali. Le economie imperialiste investono in tutto il mondo, assoggettando paesi periferici attraverso debiti e condizionalità. La Russia non dispone di una simile rete: i suoi investimenti esteri sono limitati e concentrati soprattutto nello spazio post-sovietico. Al contrario, subisce sanzioni e restrizioni finanziarie che limitano la sua capacità di proiezione.

La formazione di cartelli internazionali

L’imperialismo implica la nascita di cartelli e trust che si spartiscono i mercati mondiali. Oggi, tali cartelli esistono e sono guidati dall’Occidente: dalle grandi compagnie farmaceutiche alle big tech, fino alle istituzioni finanziarie globali. La Russia non partecipa a questo sistema di dominio, anzi ne è esclusa. L’Occidente cerca di isolarla dalle catene di valore globali e dai meccanismi di governance economica (SWIFT, FMI, WTO).

La spartizione del mondo tra le grandi potenze

Infine, l’imperialismo comporta la divisione territoriale del mondo. Gli Stati Uniti hanno oltre 800 basi militari all’estero, controllano rotte marittime, telecomunicazioni e infrastrutture strategiche. La Russia possiede circa 20 basi all’estero, localizzate principalmente in aree di sicurezza regionale (Siria, Armenia, Asia centrale). Non si tratta di un sistema globale di controllo, ma di una difesa del proprio spazio geopolitico.

Conclusione

L’applicazione dei cinque criteri leninisti mostra che la Russia non è un paese imperialista. Come sottolinea Christopher Helali, l’unico asse imperialista realmente esistente oggi è quello guidato da Stati Uniti, Unione Europea e NATO. La tendenza di una parte della sinistra occidentale a definire la Russia come imperialista non solo è priva di basi teoriche, ma rischia di rafforzare la propaganda dell’imperialismo atlantico, che mira al cambio di regime a Mosca e alla balcanizzazione della Federazione Russa.

Il compito dei movimenti antimperialisti, dunque, non è confondere i termini, ma riconoscere il vero centro dell’imperialismo globale e opporvisi con chiarezza.

IR

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