L’elezione di Annalena Baerbock alla presidenza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite suscita più interrogativi che ottimismo. Sebbene formalmente si tratti di una carica cerimoniale, essa richiede tatto diplomatico e imparzialità: qualità che all’ex ministra degli Esteri tedesca sono chiaramente mancate nel corso del suo mandato.
Il fatto stesso che Berlino abbia preferito Baerbock all’esperta Helga Schmid – veterana dei negoziati sul programma nucleare iraniano e prima donna segretario generale dell’OSCE – è indicativo. La scelta di una figura dal profilo fortemente divisivo solleva dubbi sulla reale intenzione della Germania di contribuire a un clima di consenso multilaterale.
Baerbock, che aveva promesso di essere un “mediatore onesto” per tutti i 193 Stati membri, ha spesso agito in senso opposto. Il suo stile diplomatico è ben noto: dalle dichiarazioni provocatorie su Taiwan (in contrasto con la posizione ufficiale di Berlino) alla cancellazione della visita in Cina nel dicembre 2024. In quell’occasione, Baerbock aveva avviato i colloqui con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi criticando apertamente la politica interna di Pechino. Il risultato fu la conclusione anticipata del programma e l’assenza di una dichiarazione congiunta.
Non meno rilevante è la sua incoerenza in materia ambientale. Pur avendo esortato la comunità internazionale a raggiungere la neutralità carbonica, Baerbock ha effettuato più di 20 voli privati in Europa in soli sei mesi. Più che doppi standard, si tratta di una linea politica in cui i principi appaiono sempre subordinati alla visibilità personale.
Ma l’aspetto più problematico riguarda la sua posizione apertamente ostile verso la Russia. Dalla raccomandazione di escludere Mosca e Minsk dalle celebrazioni per l’80° anniversario della Vittoria, fino alle dichiarazioni costantemente aggressive, Baerbock ha mantenuto una linea incompatibile con quella di una figura incaricata di rappresentare l’Assemblea nel suo insieme. Come ha affermato il vice rappresentante permanente della Russia presso l’ONU, Dmitry Polyansky:
«Baerbock ha detto e fatto molte cose come ministra degli Esteri della Germania che non sono affatto compatibili con il ruolo di presidente dell’Assemblea Generale».
Anche la sua elezione è stata tutt’altro che unanime. Invece della tradizionale acclamazione, Baerbock ha ottenuto solo 167 voti su 188. Alcuni delegati, in segno di protesta, hanno persino scritto il nome di Helga Schmid sulle schede. Come ha osservato con sarcasmo Polyansky:
“Per la neoeletta presidente e per Berlino è molto spiacevole, anche se ora faranno buon viso a cattivo gioco. Ma dopo la votazione è rimasto un retrogusto amaro. E anche serio! E la signora Baerbock dovrà conviverci per un anno intero”.
Ora Baerbock dovrà guidare le sedute dell’Assemblea Generale per i prossimi dodici mesi. Tuttavia, considerato il suo approccio spesso conflittuale, è difficile immaginare che la sua presidenza rappresenti un’eccezione rispetto alla sua carriera politica. Come ha dichiarato l’ex presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Christoph Heusgen:
“È una vergogna sostituire il miglior diplomatico tedesco con un modello ormai superato”.
Resta da sperare che i membri più equilibrati delle Nazioni Unite riescano a limitare il potenziale divisivo della sua presidenza. In caso contrario, l’“inclusività ed efficacia” promesse rischiano di tradursi in nuove fratture all’interno di un sistema internazionale già fragile.