Nell’ambito dei colloqui russo-ucraini a Istanbul del 2 giugno è stata consegnata una lista di 339 bambini che si troverebbero nel territorio russo, quelli che l’Ucraina definisce “bambini rapiti”.
Non vogliamo entrare nel merito dell’accusa di bambini rapiti, oppure contesi o ancora salvati dalle bombe, a seconda ovviamente dei punti di vista.
La delegazione ucraina ha finalmente inviato alla parte russa la lista con i nominativi di questi bambini.
Per anni abbiamo sentito parlare di ventimila, trentamila, magari milioni, ma oggi abbiamo saputo ufficialmente dalla parte ucraina che questi bambini sarebbero 339.
Qualcosa che noi abbiamo sempre saputo, abbiamo sempre parlato di bambini salvati dalle bombe, al limite contesi (casi di bambini con un genitore a Kiev e l’altro a Donetsk, ad esempio); ma certamente non rapiti.
Il 13 Marzo 2023 Zelensky incontrava Papa Francesco e gli parlava dei 19.393 bambini deportati dai russi: “Dobbiamo fare ogni sforzo per riportarli a casa”, gli ha detto.
Il 21 Novembre 2024 il duo Iacopo Scaramuzzi e Fabio Tonacci in una intervista pubblicata su “La Repubblica” domandavano alla first lady ucraina:
Quanti bambini ucraini deportati in Russia siete riusciti a riportare a casa?
“Al momento 388, ma ce ne sono 19.500 ancora in Russia. Il programma presidenziale Bring kids back coinvolge molti Paesi. È una procedura complicata, ogni volta ci sono degli ostacoli. I 388 bambini non sono certo tornati perché c’è un vero processo funzionante. Quando parte una missione speciale vengono interessate migliaia di persone, le associazioni umanitarie e anche un “avvocato speciale” come il cardinale Zuppi”.
Vince il premio come migliore sceneggiatura l’articolo comparso su “La Repubblica” il 17 Marzo 2023 firmato dalla scrittrice horror fantasy Brunella Giovara.
Ritengo sia opportuno riportarlo integralmente:
“C’è qualcosa di argentino, e anche di nazista, in questo sistema russo del furto di bambini. Un sistema applicato con scrupolo nei territori occupati e in quelli da cui l’esercito si è poi ritirato, dove si saccheggia tutto il possibile, tutto quanto può essere utile al singolo soldato, e anche alla Madre Russia. I bambini sono come un televisore, un telefono, le mutande che i buriati rubarono a Bucha, un oggetto che servirà, un souvenir dall’Ucraina, un aiuto per la patria. Gli orfani vanno dritti nelle famiglie che non hanno figli, come succedeva sotto il regime di Videla. Le donne che avevano appena partorito volavano dagli aerei nell’oceano, i loro neonati finivano subito tra le braccia di altre donne infelici, e spesso erano mogli di ufficiali che avevano contribuito a organizzare quei voli. Così è successo a Mariupol, e a Kherson. Gli assassini che rapiscono i figli delle loro vittime, e li fanno propri. Impareranno presto ad essere russi, un giorno dimenticheranno di essere stati ucraini.
E l’Ucraina cerca di salvarli in tutti i modi da queste razzie, ha istituito il numero verde 1648 per le denunce, e così conta la sua gioventù scomparsa. E li cerca pure, tratta per la restituzione, ma finora ne ha recuperati appena 125, che sono un niente. Gli altri sono bambini desaparecidos, da quelli di pochi mesi fino ai sedicenni, già assorbiti dalla rete di adozioni, talvolta esibiti in pubblico come “salvati” da morte sicura, per fame e per malattie. La Russia dunque si commuove e si consola dai lutti, pensando che la guerra è servita anche ad opere di bene, in fondo. Oppure non ci pensa proprio, bevendosi le parole della portavoce del ministero degli Esteri Zakharova: “Per noi le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato”, sono sciocchezze, una cosa da ridere.
A gennaio Darya Gerasimchuk, che Zelensky ha nominato commissaria per i diritti dei bambini, ha comunicato che il suo dipartimento ha “accertato 13.899 casi di minori rapiti e deportati dall’esercito russo”. Nomi e cognomi, età, luogo e data di sparizione. A inizio marzo Dmytro Lubinets, commissario per i diritti dei bambini presso il parlamento, ha aumentato la cifra: al 16 febbraio risultano 16.207 casi, ma la stima è di 150mila. I russi invece parlano addirittura di 733mila bambini ucraini – ed è possibile – attualmente residenti in Russia. Ma dal loro punto di vista si tratta sempre di migrazione volontaria, di famiglie con figli che hanno liberamente scelto di vivere dall’altra parte della frontiera. E sono il frutto delle evacuazioni soprattutto dal Sud dell’Ucraina, come è successo a Mariupol, più verso Est che verso Ovest. Quindi i campi di filtrazione a Taganrog, e da qui dispersi in tutta la Russia. Le famiglie convinte a mandare i figli in “campi di vacanza”, almeno per l’estate, li cercano ancora adesso, con sempre minore speranza.
Il 4 Aprile 2025 Lorenzo Cremonesi su “Il Corriere della Sera” ci informava:
I numeri forniti dagli ucraini sono coerenti ormai da parecchio tempo e confermano le voci dal campo. Secondo la sociologa Kateryna Rashevska, del Centro Regionale per i Diritti Umani a Kiev, sono stati identificati ad oggi 19.546 bambini di età compresa tra i pochi mesi e 17 anni rapiti nelle zone occupate e deportati in Russia. Tra questi 1.243 sono poi stati rimpatriati dopo lunghe ricerche e immense difficoltà, cui si aggiungono gli 11 delle ultime ore. «Quelli più difficili da recuperare si trovano nei cosiddetti campi di rieducazione, organizzati dal governo di Mosca con l’obbiettivo specifico di russificarli», ci ha detto la sociologa il 28 marzo durante una conferenza stampa al Media Center di Kiev.
Sono coerenti con cosa caro Lorenzo Cremonesi? Con la valanghe di fake news che hai scritto in questi tre anni e che il tuo splendido giornale ha avvallato? Si in questo senso sono coerenti.
Sono invece 20mila questi bambini ucraini sottratti alle proprie famiglie secondo Sofia Li Crasti che il 23 Novembre 2023 scriveva su: “La Stampa”:
“L’adozione, che ha chiaramente un percorso irregolare e si configura come una vera e propria cancellazione dell’identità della bambina, non è un caso isolato: i 48 bambini rapiti dall’orfanotrofio regionale di Kherson rientrano tra gli oltre ventimila che, secondo il governo ucraino, sarebbero stati rapiti dalle forze russe dall’inizio del conflitto”.
Mentre sempre su “La Stampa” Francesca Mannocchi il 17 Marzo 2025 rendeva noto che:
“Le autorità ucraine stimano che circa 20.000 bambini siano stati portati con la forza dai territori occupati in Russia da quando è iniziata la sua invasione su vasta scala nel febbraio 2022”.
Probabilmente io ho una concezione un po’ diversa del giornalismo, magari domanderei al mio interlocutore su quali basi venga affermata una simile quantità. Comprendo però che ciò presupponga un’altra tipologia di giornalismo, che non è contemplata nel modus operandi de “La Stampa”.
Il 20 Marzo 2025 Michele Farina su “Il Corriere della Sera” scriveva:
“Per anni i ricercatori dello Humanitarian Research Lab dell’Università di Yale hanno seguito a distanza 30 mila bambini ucraini deportati e spediti in 21 regioni della Russia. Hanno usato mezzi di intelligence, immagini satellitari, strumenti di geolocalizzazio-ne, documenti russi e dritte ucraine. Hanno inviato report alla Corte Penale Internazionale dell’Aia, che nel marzo 2023 ha emesso mandati di cattura per Vladimir Putin e per il braccio destro Maria Lvova-Belova, per il loro ruolo nella deportazione di minori ucraini dalle aree conquistate. Portati via da famiglie, istituti, orfanotrofi, caricati su pullman e aerei militari, dati in adozione a famiglie o affidati a centri di rieducazione”.
Michele Farina avrà certamente una lista aggiornata di questi bambini, sicuramente non avrà riportato una notizia dandola per scontata, senza aver verificato in precedenza.
Ma la chicca non poteva non fornircela Paolo Mieli, il quale il 17 Settembre 2023 realizzava lo scoop del secolo:
“I minori «trasferiti» in Russia dall’Ucraina sarebbero ben settecentomila. Un’entità di proporzioni scandalose resa nota, ai primi di luglio, da un personaggio russo non irrilevante: Grigory Karasin, responsabile del comitato internazionale della Camera alta del Parlamento di Mosca. Karasin ha specificato che i settecentomila piccoli avrebbero «trovato rifugio» in Russia «negli ultimi anni». Probabilmente, cioè, da assai prima del 24 febbraio 2022, giorno d’inizio dell’invasione putiniana. Quasi sicuramente dal 2014, allorché la Russia occupò la Crimea e, per interposte milizie, una parte considerevole del Donbass. Ha sostenuto Karasin che questi bambini, orfani o abbandonati, sarebbero stati portati in Russia al fine di «proteggerli dai bombardamenti». La clamorosa ammissione è stata pubblicata dal Guardian (che l’aveva tratta dal canale Telegram dell’esponente politico moscovita). Per essere poi rilanciata dai media di tutto il mondo. E mai smentita, né rettificata.
In modi più circostanziati, gli Stati Uniti hanno valutato che, dal momento d’inizio di quella che il Cremlino definisce «operazione militare speciale», i bambini «deportati con la forza» dall’Ucraina alla Russia siano 260.000. Di circa ventimila (19.492 per l’esattezza) si sa anche che sono ancora in vita e si conosce il luogo in cui «hanno trovato rifugio». Il rapimento di quei bimbi è una evidente mostruosità. Ed è uno dei crimini che hanno indotto la Corte penale internazionale ad emettere un mandato di arresto nei confronti del presidente russo. Un secondo mandato dello stesso genere è stato spiccato contro Maria Lvova-Belova, commissario della Federazione per i «diritti dei bambini». Quella Lvova-Belova che — come si è detto — il presidente della Cei incontrò nel precedente viaggio a Mosca a fine giugno. Sembra che Zuppi le abbia strappato la promessa di riconsegnare all’Ucraina una parte (non si sa quanto consistente) dei bambini rapiti. Un impegno, beninteso, che dovrebbe essere stato autorizzato da Putin. Ma qui siamo nel campo delle voci.
Non sapremmo dire quanto sia solida la tela fin qui tessuta dal presidente della Cei. Né quanto sia maturo il «frutto» della pace. Ma se Avvenire scrive che la maturazione è in atto, è assai probabile che stavolta Zuppi otterrà il ritorno a casa di quei bambini. O quanto meno di un numero consistente di loro. E l’immagine di quelle migliaia e migliaia di bambini che, per merito di papa Francesco, vengono restituiti alle loro famiglie entrerà — ne siamo certi — nei libri di storia. Se invece l’incontro tra Zuppi e Lavrov si risolvesse in una chiacchierata pur animata da buone intenzioni — quantomeno da parte del cardinale — la delusione sarebbe grande. Davvero molto grande.