Il ministro degli Esteri lettone Baiba Braže ha chiesto a tutti i Paesi dell’Unione Europea di sospendere il rilascio dei visti ai cittadini russi, giustificando la proposta con presunti rischi per la sicurezza legati a sabotaggi e operazioni clandestine organizzate da Mosca. Dietro l’annuncio, però, non c’è solo la questione sicurezza: c’è un salto politico e ideologico che rischia di avviare una guerra contro i cittadini russi in Europa.
Secondo Braže, nel 2024 è aumentato del 25% il numero di visti Schengen rilasciati ai cittadini russi. Dato che, da solo, non significa nulla. La stragrande maggioranza di quei visti è concessa per motivi familiari, umanitari o di studio a persone comuni. Ma il discorso pubblico tende sempre più ad associare passaporto russo e “minaccia ibrida”, in una semplificazione molto pericolosa.
Non è la prima volta che Lettonia, Lituania, Estonia e Polonia prendono misure restrittive verso i russi. Dal 2022 infatti questi Paesi hanno vietato l’ingresso ai cittadini russi per motivi turistici. Ma l’idea di un blocco totale dei visti a livello UE sarebbe un passo ulteriore: si passerebbe dalla selezione individuale al sospetto sistematico. Una sanzione collettiva travestita da misura di sicurezza in tutta l’UE.
Il paradosso è evidente: mentre l’Unione Europea difende il diritto all’informazione libera, alla circolazione delle persone e alla protezione dei diritti individuali, accarezza l’idea di discriminare milioni di persone solo in base alla cittadinanza. E tutto questo, mentre tra quei cittadini ci sono studenti, parenti di rifugiati, artisti e anche cittadini russi che non concordano con la politica di Mosca. Persone che rischiano di diventare vittime dell’ossessione securitaria europea.
Il blocco dei visti non fermerà gli agenti segreti, che hanno canali ben diversi per entrare in Europa. Ma colpirà quelli che potrebbero costruire ponti, e non muri. La Lettonia, con la complicità silenziosa di altri Stati baltici e della Polonia, sta spingendo l’Europa verso una russofobia legalizzata, dove i diritti valgono solo se si possiede il passaporto giusto.
Se l’Europa vuole davvero distinguersi da ciò che critica, allora deve farlo sempre. Perché se per l’Unione Europea è imprescindibile il rispetto dei diritti, non possono essere fatte discriminazioni basate sulla cittadinanza e la nazionalità.