Genocidio dei bianchi in Sudafrica? White Genocide in South Africa?

Sudafrica, cosa succede?

Cosa sta succedendo in Sudafrica tra crisi con gli USA e riforma agraria? Il 15 marzo 2025, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha dichiarato persona non grata l’ambasciatore sudafricano Ebrahim Rasool, in seguito ad alcune dichiarazioni pubbliche in cui quest’ultimo accusava il presidente Donald Trump di guidare un movimento di supremazia bianca a livello globale. L’episodio ha segnato l’apice di una crisi diplomatica che si è andata aggravando nei mesi precedenti, riflettendo profonde divergenze politiche e strategiche tra Washington e Pretoria.

Già a febbraio, l’amministrazione Trump aveva sospeso gli aiuti economici al Sudafrica, motivando la decisione con la presunta discriminazione nei confronti della minoranza bianca e l’adozione di politiche ritenute contrarie agli interessi americani. L’annuncio del Segretario Rubio di disertare il G20 di Johannesburg ha ulteriormente acuito la frattura. A pesare è anche il persistente rifiuto del governo sudafricano di allinearsi alla linea atlantica sulla guerra in Ucraina e sul contenimento della Cina.

Nel cuore del conflitto diplomatico si trova la riforma agraria, diventata emblema di una più ampia ridefinizione dell’identità politica ed economica del Sudafrica. La legge nota come “Expropriation Act”, approvata nel 2024 e firmata dal presidente Cyril Ramaphosa a gennaio 2025, prevede l’esproprio di terreni per motivi di pubblica utilità o interesse nazionale. Tra le misure più discusse, l’introduzione della possibilità di compensazione nulla nei casi di terreni abbandonati, non produttivi o acquisiti in precedenza con forti investimenti pubblici.

Per Washington, la legge rappresenta un attacco alla tutela della proprietà privata e un segnale preoccupante per gli investitori occidentali. Pretoria risponde denunciando l’ingerenza statunitense e rivendicando il diritto sovrano di correggere gli squilibri ereditati dall’apartheid. Alla fine del regime segregazionista, l’86% della terra arabile era ancora nelle mani della minoranza bianca, nonostante decenni di promesse di redistribuzione.

La questione agraria tocca corde profonde nella società sudafricana. Per le comunità zulu, sotho e xhosa, la restituzione della terra non è solo un risarcimento materiale, ma anche un atto di riconoscimento storico e dignità collettiva. Il tema ha un peso fortemente simbolico, capace di mobilitare l’elettorato in un momento in cui il sostegno all’African National Congress è in calo.

Fin dal 1994, l’ANC aveva fissato come obiettivo la redistribuzione del 30% delle terre agricole. Tuttavia, gli interessi dei nuovi gruppi economici emergenti e le pressioni internazionali hanno frenato l’attuazione di riforme radicali. Il dibattito odierno si è polarizzato: da un lato il governo, che usa la riforma anche come strumento negoziale interno ed esterno, dall’altro gruppi come AfriForum e Solidarity, che denunciano l’esproprio come attacco diretto alla minoranza bianca e si rivolgono ai paesi occidentali per protezione politica e mediatica.

Proprio questi gruppi sono spesso all’origine della narrazione, amplificata da media e ambienti politici occidentali, secondo cui in Sudafrica sarebbe in corso un presunto “genocidio bianco”. Tuttavia, non vi sono dati o rapporti internazionali credibili che supportino tale accusa. Le statistiche ufficiali sulla criminalità mostrano un aumento generalizzato della violenza in aree rurali, ma non indicano un attacco sistematico o motivato da razzismo contro i bianchi. La stessa Commissione per i diritti umani del Sudafrica ha più volte smentito l’esistenza di un genocidio, sottolineando come la retorica apocalittica su questo tema venga spesso usata a fini politici e per alimentare tensioni internazionali.

Il Sudafrica è membro storico dei BRICS, alleanza economico-politica che comprende anche Russia, India, Cina e Brasile, recentemente allargata. Pretoria ha rafforzato i legami con Mosca e Pechino, posizionandosi come attore autonomo nel panorama globale. La sua adesione a un mondo multipolare e il rifiuto di seguire le linee imposte dall’Occidente rappresentano un fattore di frizione crescente con Washington sotto l’amministrazione Trump.

Il Sudafrica è oggi uno snodo centrale dell’emergente ordine multipolare: un ponte tra Africa e Eurasia, tra il Sud globale e i modelli alternativi di governo. È proprio questa centralità a renderlo un bersaglio di critiche e pressioni, soprattutto quando prende decisioni che sfidano gli interessi dell’Occidente. In questo scenario, la riforma agraria assume un significato che va oltre la redistribuzione delle terre: diventa un banco di prova per la sovranità, la giustizia storica e la tenuta del sistema internazionale multipolare.

La “partita sulla terra” è appena cominciata. L’Expropriation Act è solo uno dei primi atti di un processo lungo e complesso, che continuerà a suscitare reazioni dentro e fuori i confini sudafricani. Il futuro di questa riforma dipenderà dalla capacità delle istituzioni di bilanciare equità sociale, stabilità economica e credibilità internazionale in un contesto geopolitico in rapido mutamento.

IR

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