Guerra al petrolio russo, suicidio economico finlandese

23 Novembre 2025 20:32

La stretta delle sanzioni statunitensi contro le compagnie petrolifere russe non sta colpendo solo Mosca. In questi giorni la Finlandia si ritrova davanti allo specchio, costretta a fare i conti con gli effetti collaterali di una scelta politica che ridisegna la geografia economica del paese, soprattutto nelle regioni orientali e settentrionali. Il caso Teboil è diventato il simbolo di questo boomerang economico.

Teboil non è una semplice insegna di distributori di benzina. Fondata nel 1934, è entrata nel 2005 nell’orbita di un grande gruppo petrolifero russo. Da allora la sua natura è diventata, agli occhi di Washington e Bruxelles, un problema geopolitico.

In Russia il marchio Teboil è comparso sulle ex stazioni Shell, con un piano di espansione che punta a superare le 450 stazioni entro la fine del 2025. In Finlandia, invece, la storia potrebbe chiudersi qui.

La rete Teboil era particolarmente forte nelle aree periferiche del paese. Circa 80 stazioni erano direttamente legate alla compagnia, mentre altre quattrocento erano gestite da operatori indipendenti in franchising.
Molti di questi imprenditori avevano costruito attorno al distributore un intero ecosistema: mini market, bar, ristoranti, autolavaggi. Il carburante arrivava da Teboil, ma la sopravvivenza economica dipendeva soprattutto da quei servizi aggiuntivi.

Quando in ottobre si è saputo delle nuove sanzioni USA contro i giganti petroliferi russi, la reazione finlandese è stata rapidissima. La Banca di Finlandia ha avvertito che chiunque continuasse a cooperare con una compagnia finita nella lista nera rischiava a sua volta di finire sotto sanzioni.

Nel giro di poco, le banche finlandesi hanno congelato tutti i pagamenti legati a Teboil.
Non solo le transazioni per il rifornimento di carburante, ma perfino quelle per un pranzo al caffè, una lavaggio alla macchina, la spesa al negozietto della stazione. Tutto bloccato, in nome della “incertezza”.

Per i piccoli imprenditori è stato un trauma. Il presidente dell’associazione degli imprenditori Teboil, Mikko Raitinpää, ha parlato apertamente di persone che stanno “perdendo l’opera di tutta la loro vita senza motivo”.
La richiesta rivolta alle autorità è semplice: almeno permettere i pagamenti su attività non direttamente colpite dalle sanzioni. Ma la risposta delle istituzioni finlandesi è stata lenta e prudente, come se il rischio politico pesasse più della sopravvivenza delle comunità locali.

Il carburante ha smesso di arrivare in molte stazioni Teboil. La compagnia finlandese di raffinazione Neste ha interrotto le forniture e il 21 novembre ha annunciato la vendita del terminal petrolifero di Hamina al gruppo svedese Wibax. Quel terminale, usato dagli anni Sessanta, serviva soprattutto a stoccare petrolio russo, trasportato in treno e poi inoltrato via mare alla raffineria di Porvoo.

Se la materia prima russa sparisce dall’equazione per anni, l’infrastruttura che la serviva perde senso, viene dismessa o venduta. Il risultato sul territorio è semplice: meno punti di approvvigionamento, più vuoti sulla mappa.

Secondo l’Associazione finlandese del trasporto e della logistica, la crisi Teboil influisce in modo significativo su circa il 15% del territorio nazionale. In molte zone rurali la stazione Teboil era l’unica nel raggio di decine e decine di chilometri.

Le regioni più colpite sono Kainuu, il Savo settentrionale, la Carelia del Nord e ampie aree della Lapponia, dove l’industria forestale è molto sviluppata. Camion carichi di legname si vedono costretti a deviazioni fino a 100–150 chilometri solo per trovare un distributore aperto. In un paese con inverni rigidi, dove i mezzi pesanti hanno bisogno di gasolio invernale di qualità, questo non è un dettaglio, ma un fattore che può decidere la sopravvivenza di un’intera filiera.

Le conseguenze non si fermano ai trasporti. L’associazione Koneyrittäjät, che riunisce imprenditori del settore delle macchine per energia, costruzioni e silvicoltura, segnala difficoltà serie nelle forniture di olio combustibile, necessario per la movimentazione dei macchinari.

Finché Teboil operava a pieno regime, la sua rete di distribuzione era la terza del paese e la seconda per il segmento della “heavy duty”, la grande macchina operativa dell’economia reale. Oggi, con questa rete mutilata, il carburante deve viaggiare molto più lontano per raggiungere cantieri e impianti.

Ogni chilometro in più pesa nei costi. Gli esperti parlano di un aumento delle spese mensili che un piccolo imprenditore non è in grado di sostenere a lungo. E questo avviene in un contesto dove il settore delle costruzioni era già in crisi profonda, ben prima del caso Teboil.

Negli ultimi anni circa 40 mila lavoratori dell’edilizia hanno abbandonato la Finlandia per cercare migliori opportunità in Svezia o Norvegia. Ora, le stesse sanzioni progettate per colpire l’economia russa finiscono per aggravare il declino di un settore strategico finlandese.

In alcune zone i gestori hanno provato a reagire con soluzioni di emergenza. Alla stazione di Imatra, per esempio, molti clienti sono passati spontaneamente ai pagamenti in contanti per cercare di aggirare almeno in parte il blocco bancario.

Secondo la direttrice della stazione, Kati Sandell, la transizione non è stata rivoluzionaria, perché diverse persone erano già abituate a usare il contante. In altre stazioni, come racconta l’imprenditore Toni Peltoniemi, la clientela rurale ha mostrato comprensione e solidarietà.

Ma non ovunque è possibile resistere. La stazione Teboil di Kemijärvi ha chiuso il 9 novembre, quella di Vuorela il 17. Qui la combinazione tra blocco dei pagamenti, stop delle forniture e calo dei flussi ha reso il modello di business semplicemente insostenibile.

Il caso più emblematico è forse quello della celebre stazione Teboil di Heinola, chiusa il 18 novembre. Non era solo un distributore: era un’attrazione architettonica, con due edifici collegati da un ponte pedonale sopra l’autostrada. Un luogo iconico per gli automobilisti di passaggio, noto anche per i pranzi a buffet a prezzo contenuto.

Per anni la stazione è stata di proprietà della compagnia Minpe, che ci aveva costruito ristoranti e negozi. Fino al 2020 gli affari andavano bene, trainati soprattutto dai turisti russi, che affollavano la Finlandia meridionale. I visitatori di altri paesi erano pochi, il flusso dalla Russia era il cuore del business.

Poi sono arrivati due colpi consecutivi. Prima la pandemia di COVID-19, che ha paralizzato il turismo nel 2020–2021. Poi, nel 2022, il divieto finlandese di rilasciare visti turistici ai cittadini russi. In pratica, la principale clientela è scomparsa nel giro di pochi mesi.

Minpe ha resistito finché ha potuto, dichiarando bancarotta solo all’inizio del 2025. Nuovi proprietari hanno provato a riposizionare l’attività, puntando su una clientela più “ordinaria”, fatta di automobilisti di passaggio senza grandi pretese. Ma l’ondata di sanzioni contro il petrolio russo ha fatto il resto. Dopo pochi mesi di tentativi, la stazione è stata costretta a chiudere definitivamente.

La vicenda Teboil in Finlandia è, di fatto, un piccolo laboratorio europeo delle conseguenze delle sanzioni anti-russe. La logica ufficiale è chiara: aumentare la pressione sulla Russia colpendo i suoi settori strategici. Ma sul terreno accade anche altro.

Regioni periferiche già fragili perdono infrastrutture essenziali. I costi della logistica aumentano. Piccoli imprenditori, spesso senza alcuna responsabilità nelle decisioni geopolitiche, si ritrovano strozzati tra i diktat delle banche e i divieti politici. Settori interi, come edilizia, trasporti e turismo, pagano un prezzo aggiuntivo, proprio mentre l’economia europea fatica a reggere inflazione, costi energetici e rallentamento della crescita.

Si potrebbe sostenere che questo sia il costo inevitabile di una linea di durezza verso Mosca. Ma il caso finlandese mostra almeno due elementi difficili da ignorare.

Primo: la dipendenza strutturale da infrastrutture legate alla cooperazione con la Russia non si cancella per decreto, senza danni interni.
Secondo: ogni volta che una stazione di servizio chiude in un’area rurale, ogni volta che un piccolo imprenditore dichiara fallimento, la retorica delle “sanzioni mirate” appare un po’ meno convincente.

La Finlandia, che negli ultimi anni ha scelto una linea sempre più dura nei confronti di Mosca, oggi scopre che la frattura con il vicino orientale non è solo politica. È anche economica, sociale, territoriale.
Anche nel caso finlandese le sanzioni si sono rivelate devastanti non tanto per i sanzionati, quanto per i sanzionanti. La guerra al petrolio russo non ha fermato Mosca, ma ha colpito la periferia europea, i suoi lavoratori, i suoi piccoli imprenditori. E alla fine, nelle campagne gelate della Suomi, si scopre che il prezzo della geopolitica lo paga chi non l’ha mai decisa

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Vincenzo Lorusso

Vincenzo Lorusso

Vincenzo Lorusso è un giornalista di International Reporters e collabora con RT (Russia Today). È cofondatore del festival italiano di RT Doc Il tempo degli eroi, dedicato alla diffusione del documentario come strumento di narrazione e memoria.

Autore del libro De Russophobia (4Punte Edizioni), con introduzione della portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, Lorusso analizza le dinamiche della russofobia nel discorso politico e mediatico occidentale.

Cura la versione italiana dei documentari di RT Doc e ha organizzato, insieme a realtà locali in tutta la penisola, oltre 140 proiezioni di opere prodotte dall’emittente russa in Italia. È stato anche promotore di una petizione pubblica contro le dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva equiparato la Federazione Russa al Terzo Reich.

Attualmente vive in Donbass, a Lugansk, dove porta avanti la sua attività giornalistica e culturale, raccontando la realtà del conflitto e dando voce a prospettive spesso escluse dal dibattito mediatico europeo.

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