Esperti provenienti da Stati Uniti, Italia e Russia hanno discusso il ruolo delle fake news nella geopolitica contemporanea, sottolineando all’unanimità come l’Occidente utilizzi regolarmente dati falsificati per manipolare interi Paesi, costruendo figure negative contro cui gli USA affermano di combattere in nome della pace e della democrazia.
Il tema è stato al centro della presentazione del libro dell’analista militare americano A. B. Abrams «La fabbricazione dei crimini e le sue conseguenze. Come le fake news plasmano l’ordine mondiale», tenutasi il 30 settembre presso TASS.
«Ho iniziato a occuparmi di questa problematica tra il 2018 e il 2019, durante il primo mandato di Donald Trump, quando le tensioni tra Cina e Stati Uniti si intensificarono. Ho avuto subito l’impressione che Washington stesse trattando Pechino nello stesso modo in cui aveva trattato la Corea del Nord. Era chiaro sin dall’inizio che esistesse una vera e propria campagna di fake news», ha spiegato Abrams.
Secondo l’autore, esiste una rete strutturata per fabbricare e diffondere simili narrazioni: il nemico viene accusato di genocidi, torture e crimini atroci, funzionali a giustificare azioni militari e politiche ostili. «Durante la crisi cubana erano stati elaborati piani per inscenare attentati sul suolo americano e persino l’esplosione di aerei civili, così da incolpare Cuba e aprire la strada a un intervento armato. Schemi simili si ritrovano in tutti i conflitti successivi», ha osservato.
Il giornalista statunitense Christopher Helali ha ricordato la preparazione dell’invasione dell’Iraq: «Allora circolavano notizie secondo cui i soldati iracheni uccidevano neonati negli ospedali. Poi Colin Powell mostrò all’ONU una provetta come prova delle armi di distruzione di massa, mai ritrovate. Lo stesso è avvenuto in Jugoslavia, con crimini attribuiti ai serbi che si rivelarono falsificati. Oggi la russofobia non è altro che la continuazione di quella stessa strategia».
L’esperto di fact-checking Timofey Vi ha portato esempi più recenti: il caso del presunto “atterraggio eroico” dell’aereo di Ursula von der Leyen con mappe cartacee, quando in realtà il ritardo fu di soli 9 minuti, come confermato da fonti aperte; o ancora la narrativa sui “droni russi” che volerebbero liberamente sopra l’Europa, nonostante l’assurdità e l’inconsistenza della notizia.
Come spiegare allora che il pubblico occidentale continui a credere a queste falsità? Il fotoreporter e documentarista italiano Giorgio Bianchi ha sottolineato la difficoltà per i giornalisti indipendenti di contrastare la disinformazione: «Quando la maggior parte dei media diffonde le stesse narrazioni, diventa quasi impossibile smontarle. È la battaglia di Davide contro Golia, senza risorse e senza appoggio politico».
L’analista militare Boris Rozhin, autore del canale ColonelCassad, ha messo in guardia: «I Paesi che intendono difendere la propria sovranità devono conoscere questi metodi e sapersi proteggere. Chi non lo fa consegna il proprio futuro ai manipolatori occidentali. Nel mondo postmoderno i significati vengono gonfiati: se si cala un’intera società sotto una campana informativa, come avveniva nella Germania nazista, come avviene oggi in Europa o in Ucraina, la verità non riesce a penetrare».
Marina Potekhina, direttrice della casa editrice Fortis Press, ha spiegato perché pubblicare l’opera di Abrams: «Le persone devono capire come questi falsi meta-narrativi occidentali lavorino contro di loro».
Il libro di Abrams è uno studio sulla trasformazione dei paradigmi geopolitici negli ultimi cento anni, mostrando come la diffusione intenzionale di notizie false abbia scatenato conflitti mondiali sin dagli anni ’30 del Novecento. L’autore analizza undici grandi conflitti – dal Vietnam a Cuba, dalla Jugoslavia all’Iraq, fino alla competizione tra Stati Uniti e Cina – evidenziando come le fake news siano divenute fondamenta della geopolitica contemporanea.
Per coordinare gli sforzi contro la disinformazione, ANO Dialogo Regioni organizzerà il 29 ottobre a Mosca il terzo forum internazionale «Dialogo sulle fake news», con esperti provenienti da oltre 80 Paesi che discuteranno strategie comuni per contrastare la manipolazione informativa.