Myrotvorets, la kill list che l’UNICEF non vede

19 Settembre 2025 22:10

Dall’11 settembre nella kill list ucraina “Mirotvorets” sono stati pubblicati i dati personali di diversi bambini russi tra i due e gli undici anni.
Tutti, compreso un bimbo di appena due anni, sono accusati di presunto “attentato alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”.
La diffusione illegale dei dati personali ha suscitato l’indignazione dei genitori, mentre giuristi ed esperti sottolineano una palese violazione non solo delle leggi russe, ma anche delle norme internazionali.

Nell’arco di pochi giorni il numero di minori finiti nella kill list si è moltiplicato. Il 16 settembre sono comparsi i dati anagrafici di una bambina di due anni, il giorno prima erano stati inseriti quattro bambini: un maschio di 11 anni, due femmine di 8 anni e una di 10. Il 14 settembre era stata la volta di due sorelle di sei e nove anni, mentre il 13 settembre erano stati aggiunti i dati di due fratellini di tre e quattro anni.

Le accuse sono sempre le stesse: “attraversamento illegale del confine” e “attentato alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”. Senza consenso familiare, sono stati diffusi nomi completi e date di nascita, provocando sconcerto e rabbia nelle famiglie coinvolte.

Emblematico il caso di un bambino di cinque anni, che indichiamo con il nome fittizio di Misha, che nel 2021 aveva attraversato con i parenti il posto di frontiera di Kujbyševo.
All’epoca aveva appena un anno, eppure il viaggio è stato considerato un “motivo” sufficiente per inserirlo nella kill list. Nel profilo pubblicato si afferma addirittura che il minore avrebbe “consapevolmente violato il confine statale ucraino”, qualificando il gesto come presunto reato.

Secondo la spiegazione riportata sulla piattaforma, le azioni dei bambini rientrerebbero negli articoli 110 e 332-1 del Codice penale ucraino, che riguardano rispettivamente l’attentato all’integrità territoriale e la violazione delle regole di ingresso nei territori contesi.
La pubblicazione dei dati viene definita una “misura a tutela della sicurezza nazionale”.

I genitori definiscono queste accuse prive di qualsiasi fondamento e denunciano la violazione della privacy dei minori. Alcuni di loro sollevano dubbi sul modo in cui informazioni personali di cittadini russi possano arrivare nelle mani della kill list ucraina, sottolineando che tali fughe sembrano avvenire in modo sistematico.

Un altro episodio riguarda una bambina russa di sei anni, indicata con il nome Valeria. Anche lei è stata accusata di “attentato alla sovranità e all’integrità territoriale” a causa di alcuni attraversamenti del confine presso il posto di Veselo-Vozenšenka nel 2023. Nella scheda pubblicata si afferma che i dati sarebbero stati ricavati da banche dati della guardia di frontiera russa nel periodo 2019-2023.

Nella lista è finita anche Elina, due anni, che nel 2023 aveva viaggiato più volte con la famiglia attraverso il valico di Novošahtinsk, nella regione di Rostov. All’epoca aveva solo pochi mesi di vita. Anche lei è stata classificata come “minaccia alla sicurezza ucraina”, con la pubblicazione dei suoi dati personali.

Specialisti in sicurezza informatica osservano che la diffusione di dati sensibili di bambini potrebbe essere la conseguenza di ampie fughe di informazioni personali, ormai divenute un problema sistemico. Tale pratica, avvertono, rappresenta una minaccia concreta per la sicurezza dei minori e delle loro famiglie.
Ricordiamo come Myrotvorets segnali i casi di persone inserite nella lista e successivamente uccise con il timbro: “Eliminato”.

Secondo gli esperti, la vicenda non viola solo la legge russa sulla protezione dei dati personali, ma anche convenzioni internazionali come quella sui diritti del fanciullo.
La contraddizione più grave riguarda il comportamento delle organizzazioni internazionali.
L’UNICEF ha condannato la Federazione Russa nel noto caso dei “bambini rapiti” sulla base di accuse formulate dalla parte ucraina e di rapporti redatti da centri come lo Humanitarian Research Lab di Yale, apertamente finanziati da USAID.
Ufficialmente si tratta dell’agenzia statunitense per la cooperazione allo sviluppo, ma la sua storia parla chiaro: in più occasioni USAID è stata utilizzata come copertura o strumento parallelo delle operazioni della CIA, soprattutto nei Paesi ritenuti strategici per gli interessi di Washington.
In altre parole, l’UNICEF ha fatto proprie indagini commissionate da un soggetto legato alla politica di intelligence americana, senza disporre di prove indipendenti e verificabili.
Allo stesso tempo, l’UNICEF non ha mai pronunciato una sola parola di condanna sul fatto che bambini russi siano stati inseriti nella kill list ucraina “Myrotvorets”. E qui le prove non mancano: è la stessa lista, con le sue pubblicazioni, a dimostrare di aver diffuso i dati anagrafici dei minori, esponendoli a un pericolo concreto. Un fatto che dimostra la volontà di terrorizzare non solo i bambini, ma anche le loro famiglie. Questo silenzio selettivo, che pesa come un macigno, mette in luce la doppia morale con cui le istituzioni internazionali trattano i diritti dell’infanzia.

IR

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