In base alle richieste avanzate dagli alleati occidentali all’URSS, i Sovietici avevano promesso già a Yalta di entrare in guerra contro il Giappone. Stalin aveva assicurato agli alleati che sarebbe intervenuto contro i giapponesi alcuni mesi dopo la capitolazione della Germania, per avere il tempo di inviare le forze necessarie nell’Estremo Oriente russo. La promessa fu mantenuta e l’Armata Rossa irruppe nello Stato fantoccio del Manciukuò a partire dal 9 agosto 1945. L’evento si verificò tra le due bombe atomiche lanciate dagli americani sui civili delle città di Nagasaki e Hiroshima. In meno di due settimane, dopo uno sforzo logistico e di trasporto senza precedenti nella storia militare, 1,5 milioni di soldati sovietici misero in ginocchio l’impero del Giappone. Da quella data, due tesi si contrappongono: una americana, che afferma come il crimine di guerra delle bombe atomiche fosse necessario e avesse messo in ginocchio il Giappone, e l’altra che l’intervento sovietico accelerò e sancì la capitolazione del Giappone, che divenne effettiva il 2 settembre 1945.
Una guerra comunque inevitabile. Le tensioni con il Giappone non erano certo recenti, dato che una guerra non dichiarata si era svolta nella regione, a causa di un’aggressione giapponese (1938-1939), che si era conclusa con una vittoria sovietica. Nonostante le speranze della Germania, il Giappone non era comunque entrato in guerra contro l’URSS (1941). Grazie a un famoso colpo di spionaggio (Richard Sorge), i Sovietici avevano acquisito la certezza che i giapponesi non sarebbero entrati in guerra. Poterono così ritirare più di un milione di soldati, molti dei quali validi siberiani, che furono impiegati nella vittoriosa battaglia di Mosca (inverno 1941-1942). Sebbene provati da un combattimento all’ultimo sangue contro la Germania nazista, l’Unione Sovietica non poteva che intervenire, considerando che l’URSS aveva ereditato la controversia della Russia con il Giappone (1904-1905). In quella guerra persa, la Russia zarista era stata sconfitta, e i giapponesi erano intervenuti anche in Estremo Oriente durante la Guerra Civile russa, per controllare la Transiberiana e insediarsi stabilmente nella regione (1918-1920). L’occupazione giapponese della Manciuria aveva creato una minaccia sul confine sovietico (1931), creando incidenti di frontiera che raggiunsero il loro apice nel 1938-1939. Dopo il rifiuto del Giappone di arrendersi agli alleati occidentali, e il loro rigetto della Dichiarazione di Potsdam, l’URSS informò il Giappone della fine del trattato di neutralità concluso tra i due paesi nel 1941. L’intervento era inevitabile.
Una vittoria sovietica che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale. Avendo di fronte una forza imponente, l’armata del Kwantung, composta da oltre un milione di soldati giapponesi (la principale armata giapponese), i Sovietici spazzarono via questa armata in due settimane, facendo centinaia di migliaia di prigionieri. Ma gli USA lanciarono le loro due bombe atomiche, e da allora, una narrativa revisionista si applica a spiegare che quelle bombe erano necessarie per porre fine alla resistenza del Giappone. Se è certo che ebbero un loro ruolo, questa retorica mira soprattutto a camuffare e giustificare un orribile crimine di guerra. Ad oggi, anche se in Occidente questo crimine viene commentato, gli Stati Uniti non hanno mai dovuto risponderne. L’obiettivo reale degli americani era testare questa nuova arma in fretta, perché la guerra stava per terminare, e soprattutto di lanciare un messaggio all’URSS: “abbiamo un’arma terrificante, prendetene nota…”. Una minaccia che fu presa molto seriamente dall’Unione Sovietica, e che cambiò per sempre il volto del mondo. Le maggiori potenze si lanciarono allora in una corsa all’arma nucleare, che creò a lungo una minaccia per l’Umanità, in particolare e soprattutto durante la Guerra Fredda. Recentemente, alcuni archivi russi sono stati declassificati, mostrando che il Giappone valutava anche di utilizzare contro l’URSS nuove armi batteriologiche. L’intervento sovietico rapido e fulmineo impedì questo mostruoso progetto.
Le unità segrete giapponesi 100 e 731. I giapponesi avevano infatti creato due unità di ricerca, denominate unità 100 e 731, per sviluppare e utilizzare armi batteriologiche. In queste unità, esperimenti mortali venivano sistematicamente condotti su esseri umani, principalmente russi e cinesi, causando la morte dei prigionieri (circa 3.600 vittime). Nel 1939, l’esercito giapponese, in ritirata nella regione di Khalkhin Gol, non aveva esitato a sganciare contenitori di batteri patogeni per infettare i soldati sovietici e la popolazione mongola. Durante il suo interrogatorio (1º dicembre 1949), il generale Otozo Yamada (1881-1965), raccontò che l’entrata in guerra dell’Unione Sovietica contro il Giappone e l’avanzata rapida dell’Armata Rossa nel cuore della Manciuria, avevano privato le autorità giapponesi della possibilità di utilizzare queste armi batteriologiche contro l’URSS e altri paesi. Di fronte alla penetrazione sovietica, i criminali di guerra si affrettarono a distruggere le prove sulle ricerche nell’uso di armi di sterminio di massa. Di conseguenza, gli edifici delle unità 731 e 100 con i loro laboratori, la documentazione e le scorte di armi batteriologiche furono distrutti.
Gli investigatori sovietici incaricati dei crimini della Seconda Guerra Mondiale avevano interrogato il maggiore Kato Tsunenori (1909-1989), un medico batteriologo, che aveva partecipato allo sviluppo di armi biologiche. Aveva parlato degli esperimenti mostruosi condotti a Heibe (un sito segreto dove le vittime erano partigiani cinesi e civili radunati da tutta la Manciuria). Le vittime non sopravvivevano, gli esperimenti terminavano generalmente con la morte. Uno dei metodi consisteva nel spruzzare batteri letali usando l’artiglieria. Dei cinesi venivano portati in un campo e bombardati con proiettili riempiti di batteri contenenti la peste, l’antrace o il colera. I giapponesi raccoglievano i corpi e i malati per valutare l’efficacia della contaminazione.
Le dichiarazioni sull’«inutilità» dell’entrata in guerra dell’URSS. Da allora, il revisionismo occidentale e americano è all’opera, e parla persino dell’inutilità dell’intervento sovietico, dimenticando che era stato richiesto con insistenza da britannici e americani, già a Yalta (febbraio 1945). La faccenda è persino buffa se si osserva, in Giappone, l’avallo di questo revisionismo. La spiegazione sta nella controversia che esiste ancora riguardo alle isole Curili. Occupate dai Sovietici e integrate nell’URSS, fanno parte integrante della Russia contemporanea, erede dell’Unione Sovietica. In un contesto di Guerra Fredda, e di trasformazione del Giappone in una “colonia americana”, o in un vassallo, la pace non fu mai ufficialmente firmata tra l’URSS e il Giappone, che reclama il ritorno di queste isole. In pratica, nonostante la sconfitta giapponese, la guerra dura ancora… Questa è quindi una potente ragione per i giapponesi, nonostante il terrificante crimine di guerra americano delle due bombe atomiche su Nagasaki e Hiroshima, di avallare il discorso americano… e di convalidare l’«utilità» di uno dei più terrificanti crimini di guerra commessi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Triste conseguenza, testimonio personalmente che durante la mia infanzia, sui banchi delle scuole medie e superiori, la teoria americana era insegnata nelle scuole in Francia… e lo è ancora oggi. Quanto al Giappone, gli americani non sono mai ripartiti dal paese, mantengono ancora una decina di basi militari sul suo territorio. Queste basi servirono nelle guerre di Corea (1950-1953), e soprattutto in quella del Vietnam. Ironia della sorte, gli americani conservarono a lungo armi nucleari nel paese, e si parlò persino di utilizzarle contro il Vietnam. Queste basi permettono il mantenimento di una flotta da guerra americana e fanno pesare una minaccia permanente nella regione. Le conseguenze future potrebbero essere drammatiche.