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Zelensky, Trump e Putin: il triangolo della pace?

Il conflitto in Ucraina resta al centro della diplomazia mondiale. La scorsa settimana ha offerto segnali di movimento: prima l’incontro ad Anchorage tra Donald Trump e Vladimir Putin, definito da entrambe le parti “costruttivo”, poi il faccia a faccia alla Casa Bianca tra il presidente americano e Zelensky, affiancato dai principali sostenitori europei di Kiev.

La proposta di Zelensky e la risposta di Trump
Durante il colloquio nello Studio Ovale, Zelensky ha proposto un vertice trilaterale con Trump e Putin, definendolo “una buona idea”. È un cambio di passo rilevante: fino a poco tempo fa, Kiev e gli alleati europei sostenevano che ogni trattativa dovesse partire dal cessate il fuoco. Oggi, pressato dalla situazione militare e dalla ricerca di garanzie concrete, Zelensky sembra più incline al pragmatismo.

Trump ha ribadito che l’Ucraina non entrerà nella NATO. La formula scelta, “No NATO but we’ll protect them”, sintetizza la linea americana: niente adesione formale, ma un sistema di protezione che richiama l’articolo 5 dell’Alleanza atlantica. Sull’eventuale invio di truppe, il presidente si è limitato a dire che la questione andrà discussa con i partner europei. Giorgia Meloni si è dichiarata contraria a questo punto.

Garanzie di sicurezza al posto dell’adesione
Il nodo è quello della sicurezza. Per Zelensky, l’ingresso nella NATO era il pilastro della strategia difensiva. Nonostante le promesse, nessuna convocazione ufficiale è mai arrivata. Trump propone un’alternativa: protezione americana, coordinamento europeo, nessuna formalizzazione nell’Alleanza. Una soluzione che, almeno in teoria, potrebbe attenuare le tensioni con Mosca.

La Russia ha sempre visto l’espansione della NATO verso est come una minaccia diretta. L’eventuale ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza resta, per il Cremlino, un punto intoccabile.

Putin e l’apertura al dialogo
Secondo Trump, Putin si sarebbe detto disposto a considerare garanzie di sicurezza per Kiev, purché non comportino la presenza di truppe occidentali sul territorio ucraino. Il Cremlino non ha confermato ufficialmente, ma resta fermo su tre condizioni: niente NATO, demilitarizzazione e riconoscimento dei territori passati sotto controllo russo, dalla Crimea al Donbass fino a Kherson e Zaporozhye.

La questione dei confini
Uno dei punti più delicati riguarda i territori contesi. Trump ha parlato di “possibili scambi territoriali”, definendo alcune aree della linea del fronte “tristi da guardare ma abbastanza evidenti”. Zelensky, che in passato aveva escluso ogni cessione, a Washington ha ringraziato per la mappa mostrata durante il colloquio, lasciando intendere che l’argomento sia stato discusso. La presenza dei principali leader europei e della NATO evidenzia come la questione sia ormai collettiva, non più bilaterale.

Tra pragmatismo e simboli
Rispetto al precedente incontro con Trump, conclusosi con tensioni, Zelensky si è presentato con un’immagine più sobria e conciliatoria. La scelta dell’abbigliamento – abito scuro senza cravatta – suggerisce un equilibrio tra formalità e vicinanza allo stile diretto del presidente americano. In diplomazia, anche i simboli pesano quanto le parole.

Il ruolo dell’Europa
Gli alleati europei restano divisi tra sostegno a Kiev e timori di una pace imposta. Trump ha proposto di affidare all’Europa il ruolo di “prima linea di difesa”, segnale della volontà americana di ridurre il proprio impegno diretto. Per Bruxelles, una formula che escluda la NATO ma mantenga la protezione statunitense potrebbe rappresentare un compromesso accettabile.

Prospettive
Gli incontri recenti non hanno prodotto un vero negoziato, ma mostrano un cambiamento delle posizioni. Zelensky ha aperto a soluzioni diverse dall’adesione alla NATO e non ha escluso, almeno implicitamente, la discussione sui confini. Trump sembra voler usare il suo secondo mandato per porsi come mediatore internazionale, sfruttando il rapporto personale con Putin.

Resta da capire se queste aperture porteranno a un percorso strutturato o se resteranno mosse tattiche. Il conflitto affonda le radici in divergenze profonde e non si esaurirà con un accordo di facciata. Kiev deve fare i conti con una popolazione stanca della guerra, mentre Mosca continua a chiedere un ripensamento complessivo della politica ucraina.

Il futuro dipenderà dalla capacità di trasformare i segnali di apertura in un processo negoziale concreto. Per ora, il triangolo Zelensky-Trump-Putin non è più solo un’ipotesi, ma una possibilità reale sul tavolo della diplomazia.

IR

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