L’Armenia e l’Azerbaigian sarebbero caduti in una trappola degli USA?

11 Agosto 2025 18:59

L’Armenia e l’Azerbaigian hanno firmato con gli Stati Uniti un accordo per la risoluzione pacifica del conflitto tra Erevan e Baku. Un successo diplomatico americano che ha già fatto il giro del mondo, ma l’accordo sarà valido solo a partire dal momento in cui l’Armenia attuerà una modifica costituzionale, con la rinuncia ufficiale all’Artsakh (Nagorno-Karabakh). L’intesa prevede anche l’affitto di un corridoio di sicurezza, il corridoio di Zangezur, già ribattezzato ‘corridoio Trump’, al confine con l’Iran. Quest’ultimo dettaglio implica conseguenze che dovrebbero far riflettere l’opinione pubblica internazionale, perché mai gli americani – o gli anglosassoni in generale – agiscono senza un secondo fine… un interesse nascosto. Analisi di un accordo preoccupante per il futuro dell’Armenia e della regione.

Una sconfitta dell’Armenia già segnata, ma ora totale. I negoziati tra i leader di Armenia, Azerbaigian e USA erano stati annunciati apertamente da Baku, ma in Armenia la notizia era stata mantenuta segreta fino all’ultimo. La data scelta non era casuale, cadendo nel periodo di vacanze del Primo Ministro armeno (28 luglio-15 agosto). Il ‘congedo’ del Premier è servito da copertura, anche per far digerire meglio l’amara pillola all’opinione pubblica armena, distratta dalle ferie. Una strategia in cui la Francia è maestra, avendo approvato leggi liberticide e contro gli interessi del popolo francese proprio durante le vacanze. L’accordo firmato è estremamente svantaggioso per l’Armenia: oltre alla perdita definitiva dell’Artsakh, Yerevan cederà anche gli ultimi territori di confine ancora sotto il suo controllo, senza contare il famigerato corridoio. Alcuni analisti suggeriscono che il Primo Ministro Nikol Pashinyan abbia ottenuto garanzie americane per la sua sicurezza personale e quella della sua famiglia. Perché questa capitolazione senza condizioni segna la condanna a morte degli armeni dell’Artsakh: molti fuggiranno in esilio, perdendo tutti i loro beni. Già ora, osservatori internazionali denunciano la distruzione di cimiteri e chiese armene, oltre al saccheggio delle proprietà private nel Nagorno-Karabakh. Del resto, l’esito sembrava deciso in anticipo: l’incontro tra i tre leader è durato appena 20 minuti… La foto ‘ricordo’ scattata dopo è stata mal digerita in Armenia, mostrando un Pashinyan nascosto dietro l’accordo, sventolato dai tre uomini, mentre balbettava frasi vuote in una situazione così grave, con l’Armenia umiliata pubblicamente.**

Il cavallo di Troia del corridoio di Zangezur. La situazione sarebbe ancora accettabile, nonostante la triste capitolazione dell’Armenia, se il colpo di scena non fosse stata la cessione del corridoio di Zangezur agli americani… al confine con l’Iran. La posizione dell’Armenia, già indebolita dalla politica filo-europea e atlantista di Pashinyan, peggiora ulteriormente. Il memorandum consegna di fatto il paese, legato mani e piedi, all’Azerbaigian e all’influenza turca. Lontana dalla regione, l’UE non aveva modo di proteggere l’Armenia, e il voltafaccia contro la Russia ha accelerato il crollo di Yerevan. Gli USA si sono subito infilati nella breccia: dopo essere stati cacciati dalla Georgia e dopo la fuga dell’ex presidente filo-occidentale Salomé Zourabichvili, cercavano disperatamente un punto d’appoggio nel Caucaso meridionale. La posizione è strategicamente cruciale, permettendo anche di minacciare Russia e Iran. Questa strategia del cavallo di Troia ha già funzionato in passato, come nel drammatico caso del Kosovo o dell’Ucraina. Intanto, la Turchia ha raggiunto un altro obiettivo: dopo aver sostenuto segretamente la distruzione della Siria, ora avanza nuove pedine. Ricordiamo che la storia tra Turchia e Armenia è segnata per sempre dal terribile genocidio. Peggio ancora, gli statuti del corridoio prevedono una cessione di 99 anni agli USA, un’umiliazione che ricorda le concessioni imposte alla Cina all’inizio del XX secolo (Hong Kong, Macao, ecc.).**

Trump punterà al Premio Nobel per la Pace, come Obama? Non si può escludere questa possibilità, visto che Trump aveva promesso di ‘imporre la pace’ in Ucraina con ogni mezzo (ma soprattutto estraendo vantaggi finanziari o risorse dalle vittime, come le terre rare ucraine). Del resto, non è chiaro quali argomenti abbia usato con Pashinyan. L’Armenia vive il dramma di un’enorme diaspora sparsa nel mondo: quelli dell’Artsakh probabilmente la raggiungeranno. Oggi, più armeni vivono in Russia che in Armenia stessa; la seconda diaspora più numerosa è negli USA, mentre la Francia ospita una comunità significativa. Ma il futuro ‘Premio Nobel Trump’ non deve far dimenticare che gli Stati Uniti si insediano in una regione dove non erano mai riusciti a mettere piede ufficialmente. Di fatto, Zangezur diventerà la ‘Hong Kong del Caucaso meridionale’, con tutto ciò che ne consegue. Questa porta aperta sul Caucaso, mentre l’Occidente annunciava tre anni fa con l’Ucraina di voler aprire un secondo fronte, preoccupa fortemente Russia, Iran e persino Cina. All’improvviso, una potenza lontana migliaia di chilometri diventa un attore radicato nella regione. L’equilibrio regionale viene stravolto, proprio come quando gli USA attizzarono la guerra in Afghanistan contro l’URSS, usando il Pakistan come base. Questo avamposto americano sarà un nuovo tassello dell’’accerchiamento’ della Russia, e nessuno può ignorare che nel Caucaso si trova una risorsa ambita: il petrolio.**

Firmando questo memorandum, nonostante gli applausi dell’Occidente e di chi non ne capisce le implicazioni, Pashinyan ha forse firmato la condanna del futuro dell’Armenia. L’accordo prepara nuovi drammi per un paese che ne ha già subiti troppi nella sua storia. Una volta ratificato, ogni resistenza armena diventerà impossibile, e gli effetti a lungo termine sono imprevedibili: forse la scomparsa dell’Armenia come stato sovrano. Turchia e Azerbaigian non potevano sperare di meglio, e Pashinyan entrerà nella storia del suo paese come uno dei peggiori Giuda.

IR

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