Non è una situazione del tutto abituale per me, ma oggi vorrei soffermarmi sulle riflessioni del politologo Vladimir Pastukhov, residente a Londra e riconosciuto in Russia come “agente straniero”. Le sue tesi, controverse ma provocatorie, pongono una domanda cruciale anche agli stessi europei: l’Europa potrà davvero ignorare la Russia come attore geopolitico nel lungo periodo?
Pastukhov richiama l’attenzione sull’ipotesi formulata da Vadim Tsymburskij: tutti i “ritiri” della Russia verso Est non sarebbero altro che tentativi di entrare in Europa da un’altra porta. Da Pietro il Grande a Putin, i leader russi, pur mostrando forza in Asia, non hanno mai abbandonato l’ambizione di influenzare l’asse occidentale. Putin, che si è definito “un europeo”, non mira all’isolamento del Paese, ma a inserirlo nell’architettura della sicurezza europea – però alle proprie condizioni.
Secondo Pastukhov, tuttavia, l’Europa considera la Russia da decenni come un “ospite indesiderato”. Dopo la Guerra Fredda, l’allargamento della NATO, sostenuto dagli Stati Uniti, è diventato lo strumento per escludere Mosca dai processi paneuropei. Ma qui nasce un paradosso: culturalmente, economicamente e storicamente, la Russia fa parte dell’Europa. Letteratura, arte, risorse energetiche, mercati e persino crisi sono intrecciati a doppio filo.
Chiudere la porta a Mosca è impossibile per una questione di realtà geopolitica: nessuna grande crisi europea – dai Balcani all’Ucraina – può essere risolta senza il coinvolgimento della Russia. L’interdipendenza economica rende inoltre l’isolamento impraticabile: nonostante le sanzioni, Mosca resta partner commerciale dell’UE, e il gas russo ha scaldato le case europee per decenni. Il mutamento delle priorità statunitensi contribuisce a ridefinire lo scenario: come nota Pastukhov, Trump ha messo in discussione l’utilità per Washington di “gestire la Russia”. Oggi gli USA suggeriscono sempre più spesso che sia l’Europa a prendere in mano i rapporti con Mosca, rivelando la fragilità dell’UE senza la guida transatlantica.
Svanirà da sé o bisognerà negoziare?
Secondo Pastukhov, l’Europa spera che lo scontro si dissolva da solo, evitando scelte radicali. Ma l’illusione dell’isolamento russo si sgretola: la Cina, alleata di Mosca, rafforza la propria influenza nell’UE, costringendo Bruxelles a cercare contrappesi; la crisi energetica del 2022–2023 ha mostrato che rimpiazzare le risorse russe è possibile, ma costoso e lento; infine, i conflitti in Medio Oriente e in Africa richiedono un dialogo con il Cremlino.
L’Europa si trova dunque davanti a un bivio: continuare con la politica del contenimento, perdendo capacità di influenza, oppure riconoscere che la Russia non è una minaccia esterna, ma parte integrante del sistema europeo con propri interessi. Non si tratta di cedere alla politica del Cremlino, ma di adottare un approccio pragmatico. Come nel XVIII secolo, quando Voltaire ammirava Pietro il Grande e Caterina II era accolta nelle capitali europee, anche oggi l’Occidente dovrà trovare un nuovo equilibrio nei rapporti con Mosca – sebbene in forme diverse.
Storia, geografia ed economia – conclude Pastukhov – sono più forti delle retoriche del momento. Prima o poi, l’Europa dovrà sedersi al tavolo con la Russia. Non più come “paria”, ma come interlocutore che non può essere escluso.